lunedì 30 marzo 2009

Dal Forum due appunti... da amico

Essendo stato presente solo il primo giorno non sono riuscito a seguire l'intero programma e non ho una visione globale dell'evento. Confermando il piacere e l'utilità di incontrare direttamente colleghi, scambiare opinioni e trovare opportunità reciproche, butto giù un paio di note al volo.

Tra gli incontri che ho seguito devo dire che l'utilità di grandi convegni su megatemi come "rilanciare l'Italia, la marca del territorio, ecc." per noi operatori è abbastanza relativa anche perché solitamente parlano le istituzioni ribadendo solite cose o simpatici aneddoti personali.
L'incontro sul product placement invece è stato di grande interesse perché, oltre alla stimolante conduzione della D'Amico, i relatori invece di appropriarsi della consueta markettona (come in altri workshop che ho seguito giovedì) hanno portato casi concreti (anche di difficoltà e piccoli fallimenti), suggerimenti, visioni critiche, idee.

La testimonianza/marketta al convegno... è una cosa che spesso si ripete. Fateci caso: un'azeinda si presenta e porta sempre o una best practice totale (dall'inizio alla fine tutto perfetto: grandeballa) o si autopromuove smaccatamente. Sinceramente da operatore sono più interessato ai fallimenti, ai casi con problemi che poi magari vengono risolti e a idee innovative rispetto alle autopromozioni.
Invece spessissimo - anche in fiere (o appuntamenti) più titolate - si assiste al contrario. E non credo sai utilissimo ai relatori. O no?

mercoledì 25 marzo 2009

Er Forum. Ci vediamo lì?


Arriva l'appuntamento con la seconda edizione del Forum della Comunicazione. L'anno scorso ci sono stati tre/quattro incontri con dibattiti e testimonianze abbastanza rilevanti per la nostra professione. Il programma di quest'anno sembra interessante ma, al di là delle qualità dei singoli appuntamenti, sicuramente è il momento di networking e di incontro fra professionisti che può offrirci le maggiori opportunità di crescita e di relazioni interpersonali.
Io domani ci sono, ci vediamo là!

lunedì 23 marzo 2009

Ma 'n Dubai... se l'agenzia non ce l'hai?

Apprendiamo da PRWeek che Dubai starebbe pianificando un'offensiva di PR per contrastare gli effetti reputazionali della peggiore crisi economica dei suoi ultimi 30 anni.

In primis l'emirato ha discusso in queste settimane con diverse agenzie di PR full-service UK per lanciare un'imponente campagna ‘Brand Dubai’ che migliori la reputazione sul pubblico generico. In secondo luogo invece starebbe pianificando anche una campagna mirata ai pubblici finanziari con una delle seguenti agenzie: Chime Communications, Brunswick, FD, M: Communications e Finsbury. La delegazione dubaiese che nei giorni scorsi ha incontrato le agenzie era composta da rappresentanti del Dubai International Finance Centre e dal Ministro delle finanze del Dubai.

Come sostiene PRWeek la notizia arriva nel periodo peggiore della storia di Dubai in particolare per il crollo del settore immobiliare testimoniato anche dal recente abbassamento del rating da parte di Standard & Poor's a sei società real estate compartecipate dal governo di Dubai. Il ministero delle finanze di Dubai avrebbe inoltre venduto 6.9 miliardi di Sterline in bonds agli United Arab Emirates per risolvere problemi di liquidità.

giovedì 19 marzo 2009

mercoledì 18 marzo 2009

L'età del baratto post-moderno

Scherzosamente ce lo dicevamo negli ultimi tempi tra colleghi: ormai siamo arrivati al baratto. Gran operazioni di partnership, co-marketing, scambio-clienti e via di seguito.
Siamo entrati a pieno titolo nell'epoca del baratto postmoderno? Sì. Accordi di media partnership in cui i giornali ormai si piegano alle markette più sfrenate, scambi di visibilità e opportunità.
Non credo sia totalemente negativo tutto ciò. Anzi devo dire che per il PR 2.0 (quello post-moderno e non per forza legato solo al social network) rappresenta un'incredibile opportunità per creare valore.
In generale l'epoca del baratto mette al centro chi fa comunicazione strategica e non si è focalizzato sul mero advertising , sulla promodiretta o sull'evento e basta, ma colui che ha una visione di insieme della materia comunicativa e che riesce a gestire le relazioni con gli stakeholder in maniera proficua e ad orchestrare i diversi livelli della comunicazione con vantaggi reciproci.
Welcome to a new age.

lunedì 16 marzo 2009

L'Opinione Pubica... una survey

Segnalo dalla newsletter di NoemaLab un articolo su una survey con relativo incontro di approfondimento (rigorosamente non invitati i comunicatori) sulle trasformazioni dei media, l'impresa giornalistica (nel senso che fare giornalismo è proprio un'impresa) e l'opinione pubblica, ormai ribattezzata pranisticamente da molti Opinione Pubica.

Le trasformazioni nei media e l'impresa giornalistica Università di Urbino
L'Italia si è fermata anche perché non c'è un'opinione pubblica. La tesi è stata al centro di un dibattito vivace negli ultimi mesi e ha rilanciato un tema di fondo: l'indipendenza dei mezzi di comunicazione nel nostro Paese. Indipendenza dalla politica, indipendenza dagli interessi economici e finanziari che non siano indirizzati alla promozione dell'informazione. Il tema ha una valenza politica di fondo, perché non c'è democrazia senza informazione indipendente. Inoltre richiama progetti e proposte che risalgono molto indietro nella storia italiana.

leggi

domenica 15 marzo 2009

1 Video per week, keeps the PRanista geek

Bernays - Product Placement and Cross Promotion Pioneer

Segment looks at Bernays influence on Hollywood and entertainment publishing.

BBC - http://www.bbc.co.uk/bbcfour/document...
Wikipedia -
http://en.wikipedia.org/wiki/The_Cent...
Categoria: Persone e blog

sabato 14 marzo 2009

RiPenzar il modello di biz delle RP?

Su Ferpi.it s è scatenato un bel dibattito sul "ripensamento del modello di business delle relazioni pubbliche" lanciato da una riflessione di Rosanna D'Antona.

Son assolutamente d'accordo nel ripensare e codificare 'a livello collettivo' (perché naturalmente ognuno di noi ha già sviluppato un suo modello che si adatta alla realtà) il business delle relazioni pubbliche tenendo presente soprattutto:
- le PMI, queste sconosciute (in particolare quelle che non ci utilizzano capendone il perché);
- la crisi economica e sociale in atto, che costringe a minori budget, a più concretezza e (fortunatamente) a più sobrietà;
- le opportunità del momento storico che sono rappresentate da nuove tecnologie (rete 2.0), esigenze di trasparenza-partecipazione e l'emergenza straordinaria ma ancora sottovalutata - in comunicazione - della green economy.
Non è solo una necessità cambiare il modello dominante (anglosassone?) della grande azienda di relazioni pubbliche in qualcosa di più aderente all'economia del nostro paese e al mondo iperconnesso-globale; è anche un enorme opportunità, un grandioso bacino di piccole-medie imprese che hanno bisogno di comunicarsi.
Però con Rosanna dico: ascoltiamole! Soprattutto quelle (e son la maggior parte) che di noi non si son servite: con le PMI non c'è un dialogo.

Ultimo flash: ieri in un golf hotel-ristobar abbiamo scambiato (in anonimo) quattro chiacchiere da bar con i due titolari... lanciandogli la provocazione 'comunicate male/non comunicate'; è emerso che non si fidavano delle agenzie di marketing/comunicazione, ecc. perché -veccha storia- dicevano "come fai a sapere se i soldi che gli hai dato son serviti o no?"
Il tema della misurazione dei risultati ovviamente; ma a livello profondo il tema di "chi cura la reputazione dei manager della reputazione? chi cura le rp di noi pr?"

venerdì 13 marzo 2009

Feisbuc: volto nuovo, vecchia solfa

E' la seconda volta in meno di un anno che Facebook cambia faccia... perlatro mi pare ad una prima navigata, neanche troppo radicalmente. Meno comunque del restyling di un anno fa.
E subito si scatena un'ondata di disapprovazione, proprio come accadde meno di un anno fa.
Siam conservatori di natura?

giovedì 12 marzo 2009

Italian Informerda

E' uscito ieri il rapporto di Medici Senza Frontiere in collaborazione con l'Osservatorio di Pavia, in cui si denuncia il fatto che le crisi mondiali sono completamente dimenticate dai media italiani (vd. sito).
E' l'occasione per parlare del grado zero di appiattimento cui sono giunti i telegiornali e l'informazione televisiva italiana che a cascata influenza poi l'agenda setting di tutti i media: stampa, internet e radio.
Sto leggendo Irrazional Popolare di Luca Mastrantonio e Francesco Bonami: è veramente spassoso e allo stesso tempo tragico leggere le loro pagine dedicate a tv e informazione... ma chi di noi non ha constatato come TG1 e TG2 (in primis ma gli altri a ruota, eccetto forse Skytg24 e qualcosa di radiofonico) abbiano toccato negli ultimi anni il fondo del fondo, di come Striscia la Notizia sia assurta a unico spazio di informazione riconosciuto (pur con l'aura satirica che lo lascia nel limbo) e di come gli italiani in fondo siano quasi contenti di ascoltare-vedere telegiornali da gossip, con la quotidiano menù di infostronzate: panino politico, cronaca nera, gossip, notizia da Londra su quanto siano stupidi gli inglesi, gossip, notizia sull'animale del giorno, calcio/sport, marketta mollicosa, gossip, lancio del programma a venire...
Ma la cosa che più mi scandalizza è quando da PR approccio questi giornalisti che ancora si atteggiano a tutori del quarto potere e magari non ti ascoltano su una news vera, mentre puntualmente si fanno portavoci delle maggiori ciofeche in circolazione (spesso appunto messe fuori da noi). Quindi figuriamoci sulle crisi mondiali. Mi sembra che la RAI in Africa abbia di recente aperto una sede a Nairobi, ma che non abbia altre sedi di corrispondenza... e parliamo del continente che ci sta di fronte.
Dal rapporto di MSF:

Le dieci crisi umanitarie identificate da Msf come le più gravi e ignorate nel 2008 sono: la catastrofe umanitaria in Somalia; la situazione sanitaria in Myanmar; la crisi sanitaria nello Zimbabwe; i civili nella morsa della guerra nel Congo Orientale (Rdc); la malnutrizione infantile; la situazione critica nella regione somala dell'Etiopia; i civili uccisi o in fuga nel Pakistan nord-occidentale; la violenza e la sofferenza in Sudan; i civili iracheni bisognosi di assistenza; la coinfezione Hiv-Tbc.

L'analisi delle principali edizioni (diurna e serale) dei telegiornali Rai e Mediaset, dice Msf, "conferma la tendenza riscontrata negli ultimi anni di un calo costante delle notizie sulle crisi umanitarie, che sono passate dal 10% del totale delle notizie nel 2006, all'8% nel 2007 fino al 6% (4.901 notizie su un totale di 81.360) nel 2008".

domenica 8 marzo 2009

Guy De Bortoli alla RAI?

Ma chi glielo fa fare è la prima domanda che sorge spontanea... Perché De Bortoli non continua l'egregio lavoro che sta facendo al Sole. Perché andarsi a prendere la pesca delle pesche, ovvero la presidenza della RAI? 
L'unica vera motivazione potrebbe essere uno slancio di spirito civico. E allora che lo faccia, ma già ci mancherà e soprattutto speriamo non lo schiaccino. In bocca al loop.

venerdì 6 marzo 2009

Un museo per la comunicazione (rp, adv, btl, ecc. grand altr truff)

Ma perché in Italia non esiste un museo della comunicazione (pubblica e) d'impresa? Navigando un po' qua e là si trovano musei della pubblicità praticamente in tutti i grandi paesi del mondo.
E in Italia perché non c'è? Vedo che al Castello di Rivoli (ma ahimé non ci son mai stato) dovrebbe esserci qualcosa di simile ma nel sito web non c'è molto.
Immagino un luogo che presenta le diverse discipline della comunicazione d'impresa e pubblica: relazioni pubbliche, promozioni, sponsorizzazioni, pubblicità, merchandising-packaging... Non sarebbe bellissimo? E le associazioni di categoria e professionali non potrebbero farsene promotrici?
Assorel, Assocomunicazione, Ferpi, TP, Unicom, ecc. Dai dai, famolo!

Largo, pista, arriva il lobbista!

Molto interessante l'intervento di Toni su Ferpi.it riguardo a Obama e al discorso della lobby.

Ritengo - e mi trovo d'accordo con TMF - che la democrazia contemporanea e la democrazia a venire siano principalmente destinate a diventare luoghi della rappresentanza degli interessi e quindi gli strumenti del lobbying non sono altro che l'unica via in cui i gruppi possono far pesare i loro interessi. Forse sono gli stati moderni a non aver ancora introdotto legislazioni abbastanza up-to-date da valorizzare il ruolo delle lobbies in democrazia. Ciò è dovuto anche all'interesse concreto che la classe politica ha nel tenere in questa situazione ambigua il lobbista: attaccandolo quando gli fa comodo per il consenso (vd. Obama), sfruttandolo quando c'è un tornaconto concreto (contributi alle campagne elettorali, movimenti d'opinione, ecc.). la democrazia è ancora solamente (erroneamente) intesa come l'esercizio del voto elettorale..

Da new-global ritengo che la rappresentanza legittima degli interessi sia la vera partita della democrazia del XXI secolo e che a far lobby debbano essere tutti i gruppi di interesse, a partire dai consumatori e dai gruppi più deboli: sedersi al tavolo per discutere da pari, ad esempio, iecco l vero obiettivo che avrebbero dovuto porsi i social forum anti-G8, No-OCSE, ecc. per tentare di contare concretamente nelle decisioni globali.

Nel frattempo anche in Gran Bretagna si fa rovente il dibattito sulla nuova legislazione che dovrebbe regolare il rapporto lobby-governanti: basta leggere PRWeek.

"Ogni tecnica retorica e discorsiva usata dal Presidente in questo mese è estratta da un ottimo manuale del giovane lobbista: dalla creazione di coalizioni (tutti contro il lobbista); alla argomentazione dell’interesse generale (la ripresa) del proprio particolare (l’attuazione del proprio programma elettorale).
Con uno stile che assomiglia molto a quel che accadeva fino all’anno scorso da noi per la finanziaria, Obama è riuscito, dando un colpo al cerchio e uno alla botte, a infilare nel secondo stimolo economico una infinita quantità di provvedimenti che non centrano nulla con la ripresa.

Quello che preoccupa, ma è ben poca cosa rispetto alla dimensione degli avvenimenti, è che nessuno pare rilevare come la lobby sia anche uno strumento fondamentale a disposizione di chiunque (e non solo dei più forti) per indurre il cambiamento, e non solo per mantenere lo status quo.
Questo dovrebbe indurre noi che questa professione la pratichiamo a ricordarcene e ad insegnarlo agli altri.

E’ in qualche modo un dovere civico in una democrazia: non si ha cambiamento sociale se non si coinvolge la decisione pubblica e il coinvolgimento della decisione pubblica è efficace soltanto applicando le tecniche della lobby, che non è né buona né cattiva. È una tecnica."

mercoledì 4 marzo 2009

Marketing del territorio e delle città

dalla newsletter Comunicatori Pubblici:

I luoghi e le emozioni. Marche da vivere, spazi da raccontare

Il legame tra le persone e i luoghi è sempre stato un complesso di percezioni e di emozioni, una relazione caratterizzata dall´affettività e dai sentimenti e non semplicemente dagli aspetti economici e materiali. Oggi tuttavia il quadro sta cambiando. Città, new media, cattedrali dello shopping, strutture per il tempo libero: gli spazi in cui passiamo gran parte della nostra vita quotidiana si trasformano in nuovi e straordinari luoghi di comunicazione e di apprendimento. Diventano essi stessi "marche", "storie", "media interattivi", "narrazioni". E´ un processo che suggerisce nuovi ed inediti rapporti tra il marketing, il design, la creazione di eventi e di interfacce, le emozioni.

L´occasione per ragionare di questi temi è stata offerta dalla recente presentazione, presso l'Università di Udine, dell´ultimo libro di Francesco Gallucci e Paolo Poponessi, "Il marketing dei luoghi e delle emozioni", pubblicato da Egea.

Il libro di Francesco Gallucci ruota attorno a una domanda di grande attualità: è possibile valorizzare le emozioni per progettare gli spazi e per fare marketing del territorio?
A parlarne, oltre all´autore erano Mario de Vivo di OVS Industry, Giuseppe Pittino dell´agenzia di pubblicità Sintesi, Tomas Barazza di Log607, Andrea Moretti dell'Università di Udine-Dipartimento di Scienze Economiche.

L´incontro è stato organizzato da Gabriele Qualizza, docente di Economia e gestione della marca a Relazioni Pubbliche, nel quadro delle attività del LAREM - Laboratorio di Ricerca Economia e Manageriale.

martedì 3 marzo 2009

Nucleare & PR... la partita è già cominciata

Mi sembra di intuire che la campagna di relazioni pubbliche sul nucleare sia già partita da qualche tempo. E che qualche collega stia lavorandoci sopra.


Inizia la partita del nucleare: una nuova sfida per la comunicazione e le Rp
L’accordo firmato da Berlusconi e Sarkozy in materia di energia nucleare, ha sancito l’inizio di un (tortuoso?) cammino che coinvolgerà tanti attori e proporrà altrettante sfide soprattutto alla comunicazione, a cui è affidato il delicato compito di creare il consenso/gestire il dissenso attraverso il governo delle relazioni con i diversi segmenti di pubblici.




Qualche giorno fa sul magazine di Ferpi leggevo un puntuale articolo di Fabio V. in cui si sottolineava la necessità di attivare ascolto e mappatura di stakeholder attivi e potenziali: “appare evidente che comunicare ‘questo’ nucleare sarà più che mai una questione di accettazione sociale, di licenza ad operare da ottenere presso le comunità di riferimento. Bisognerà iniziare a identificare (e ascoltare) quegli stakeholder (attivi) che, consapevoli delle conseguenze prodotte dal nucleare (in senso positivo e negativo), sono interessati a coinvolgersi e a coinvolgere, a loro volta, altri segmenti di pubblici influenti. Ma non solo… anche mappare gli stakeholder (potenziali) che potrebbero attivarsi non appena fossero comunicati gli obiettivi che la nuova prospettiva nucleare comporta (identificazione siti, indotto, competitor, ….)”

Premesso che a naso (un po' troppo confindustrialmente forse) mi ero orientato a favore del nucleare negli ultimi anni, mi è bastato ascoltare il mitico Scalia per due minuti per cambiare idea radicalmente. Non sarà un compito facile questa sfida di rp che peraltro mi sembra già cominciata male perché l'accordo fatto dall'Enel con la Francia e le uscite di Scajola &co. non mi sembra siano state molto aderenti al modello di ascolto e coinvolgimento - che Fabio ad esempio identificava nell'articolo.


Chicco Testa ha di recente lanciato l'associazione Pimby, please in my back yard... che ovviamente fa il verso alla sindrome Nimby ed è sostenuta dai più importanti player di energia e infrastrutture in Italia.


Adesso bisognerà vedere se la partita vedrà dall'altra parte del campo un team di professionisti di relazioni pubbliche contro il nucleare... Quello che mi auguro è che si tratti da entrambe le parti di una comunicazione responsabile e trasparente.


;-)

domenica 1 marzo 2009

Trasparenza globale & Personal branding

Prendo spunto da un post di Seth Godin Personal branding in the age of Google in cui Godin, uno dei miei favorite mkt-blogger parla di come una sua amica abbia utilizzato la rete rete per assumere un/una governante.
Dopo aver inserito l'annuncio su Craigslist, uno dei siti di annunci più utilizzati al mondo, l'amica ha ricevuto tre risposte; cercando su google i nominativi dei tre candidati ha potuto verificare che uno era un ubriacone, uno un artista e l'altro forse era indagato per qualche problema di giustizia...

Godin segnala come sia necessario oggi in piena epoca Google tenere conto che il proprio comportamento finisce inevitabilmente sulla rete, mappato da Google e quindi a disposizione di qualunque internauta. Di conseguenza occorre comportarsi nel miglior modo possibile.

E' un po' ciò che accade - ma che si accentua all'ennesima potenza - con Facebook. Chi utilizza Facebook sa che ormai tutti i suoi "amici" sono al corrente 24x7. E' il motivo per cui diverse persone non vogliono utilizzarlo, è il motivo per cui alcuni miei colleghi sono restii ad utilizzare FB per lavoro. E' in realtà, credo un'inevitabile deriva tecnosociale, per cui la trasparenza diventa un valore necessario delle aziende e delle persone. E la trasparenza come valore incide sui comportamenti a monte (cfr. il dibattito sulla CSR, o leggi il Barbiere di Stalin)
I grandi cambiamenti economico-sociali portano a cambiamenti nei valori guida della società: se il tema della trasparenza emerge sempre più come necessario in campo economico, non dobbiamo stupirci che accada anche in ambito sociale. Come già accaduto con la partepazione: grande issue contemporanea che si è imposta in tutti i campi dalla politica alla tecnologia passando per la società e la comunicazione-mkt.
Allo stesso modo il lato negativo (il disvalore) tecnosociale si riassume bene nel timore del Grande Fratello globale. Trasparenza o grande fratello?
Oltre all'arte e all'architettura che sul tema (tra trasparenza e controllo globale) stanno offrendo eccellenti interpretazioni io guardo il bicchiere... perlopiù trasparente. E da relatore pubblico lo giudico mezzo pieno perché ci aiuta ad esigere da noi e dal committente comportamenti sempre più virtuosi. No question.

Nuovo blog

Dal 2 gennaio pubblico i miei post su  https://pranista.blog/