Inutile riprendere la solita solfa: sì siamo nell'età dello sputtanamento globale, siamo tecnocontrollati da videofonini, interceptors & CCTV (non quella cinese, anche se probabilmente sarà made-in-china anche questa) e album su Facebook, Flickr &co...
Siamo nell'età dell'infosfera globale e permanente quindi la trasparenza e i comportamenti corretti sono l'unico antidoto per prevenire crisi di reputazione.
Si sta aprendo un mercato enorme per le relazioni pubbliche che è la gestione delle crisi di reputazione: personali, aziendali, governative. Ok gestiamole, ma come tutti sappiamo meglio prevenirle.
Possiamo aiutare a migliorarlo questo paese? O continueremo a sguazzare in questa merda?
Il problema, caro biagio, non è tanto nella responsabilità di saper gestire una crisi reputazionale. La nostra irresponsabilità professionale è ben più pericolosa e si chiama “nasty pr” , quelle attività consapevoli e programmate di relazioni pubbliche che hanno come unico obiettivo la distruzione della reputazione di qualcun altro (organizzazione o anche singolo).
RispondiEliminaChe fare allora? Da una parta distruggiamo e dall’altra ricostruiamo? Sono le relazioni pubbliche, bellezza.
Mi ritorna in mente quella striscia del mitico Dogbert disegnata da Scott Adams (http://en.wikipedia.org/wiki/Dogbert)in cui il protagonista incarna un consulente di relazioni pubbliche:
1)- “Grazie al mio lavoro il valore delle tue azioni in borsa si è molto sopravalutato”
2)- “Ora puoi usare le azioni che possiedi per acquistare aziende che facciano davvero soldi”
3)- “Dopo che la hai distrutte dammi un colpo di telefono”
Hihihihihi!!! Serve aggiungere altro?
fv
aggiungo altro, se il buon biagio me lo permette vista la copertina e la campagna a suon di comunicazione che si sta facendo sul tema: siamo arrivati alla sindrome da "pubbliche relazioni... e private erezioni"
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