mercoledì 1 aprile 2009

La lobby dell'arancia... non conta una funcia


E' di questi giorni la notizia del via libera del Senato all'abrogazione dell'art.1 della legge 286 del 3 aprile 1961 (cosiddetta legge 'salva vitamina C') che impedisce che in Italia si possano produrre aranciate senza almeno il 12% di succo d'arancia, secondo quanto prevede la legge delega Europea.

Ovviamente sono stati tanti a protestare dopo, partendo dal ministro Zaia (sempre abile e pronto a dar voce ai suoi stakeholder principali, gli agricoltori) fino ad arrivare a Ronchi; e poi ancora le associazioni dei consumatori e le associazioni di categoria.

Al ché ho sentito diversi commentatori scagliarsi contro la UE e altri dire che non è un problema perché la qualità può fare la differenza, non è la politica a fare il mercato, ecc.

Ma il punto vero è il fatto che le lobby italiane dell'agroalimentare non contano nulla. Non fanno lobby. Io temo (nonostante abbia visto fior di sedi a Bruxelles delle ass. di settore) che non facciano lobbying in Europa, che addirittura mandino rappresentanti che non sanno neanche parlare in inglese e che rincorrano i problemi a posteriori.

Pensiamo a tutte le legislazioni fatte contro il prodotto tipico e di qualità; o alla fatica che si è fatta ad affermare alcuni sacrosanti diritti (di marchio, di tutela, ecc.): dal Parmigiano-Reggiano al vino Tocai, dall'Aceto Balsamico di Modena alle arance, e così via...
Che senso ha avere la CIA (non quella americana) la Confagricoltura, la Copagri, Coldiretti, e chi più ne ha più ne metta.
Figlie della storia di Italia e dell'iperindividualismo imprenditoriale nostrano in Europa (dove si prendono le decisioni che incidono sul settore) contano come il due di picche. Salvo poi prendersela con il governo italiano...
Ma la colpa è tutta loro.

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