L'altro ieri durante la presentazione del
videolibro di TMF a Scienze della Comunicazione di Bologna (aula 5, dove mi sono laureato qualche anno fa) Toni sollecitato da Omer Pignatti ha affermato che oggi l'opinione pubblica non esiste più, o almeno non più come la conoscevamo nel secolo scorso: esiste una sfera pubblica
(mainstream e grandi opinion leader) e diverse opinioni pubbliche che si formano e si disfano su diversi luoghi mediatico/identitari, mentre i comportamenti della gente non seguono i ragionamenti... TMF ha poi chiuso suggerendo che a noi PR serve un po' più di psicologia e un po' meno sociologia.
Prendo questi tre spunti che mi riconducono alle riflessioni che ho scritto ultimamente.
E' un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che ho sottolineato negli ultimi post. I comportamenti collettivi seguono ultimamente isterie sempre più info-nervose che hanno una spiegazione mediatica: allarmismi, giornalismo strillato, corto circuito informazione-intrattenimento, ecc.
L'impoverimento professionale della categoria giornalisti, sempre meno mediatori, è proporzionale ad un calo di qualità generale, ma inversamente proporzionale all'effetto che i media mainstream hanno nei comportamenti collettivi: mi sembra sempre più che tutti corrano dietro a quattro/cinque grandi items del giorno, dimenticandosi da un giorno all'altro di temi importanti. Ma quali sono questi media mainstream: i telegiornali nazionali, i tre quotidiani principali, Repubblica.it, diverse trasmissioni radio, poi...
E come reagiscono i pubblici? Cambiano le opinioni, cambiano i comportamenti? Oppure nel clima di insicurezza generale si resta fermi nelle proprie convinzioni ma si seguono i comportamenti più adatti al momento? Il movimento dell'opinione pubblica si trasfromando in un movimento di pancia o peggio ancora... siamo già nell'era all'opinione pubica?