Una svalvolata postmoderna sulla comunicazione politica, sulla campagna elettorale permanente e sul permanere di abitudini comunicative cattive...
Ieri a Torino, in occasione dell'assemblea annuale di Ferpi, abbiamo assistito a un interessantee seminario "E' la comunicazione che cambia la politica, o la politica che cambia la comunicazione?".
Proprio in questi giorni discutevo con alcuni amici che hanno ripristinato la Festa dell'Unità in un paesino emiliano (rosso doc) dopo anni che questa non veniva fatta. L'evento pur non riuscendo male, non ha raggiunto gli obiettivi numerici che si era posto, ma oprattutto non ha rispecchiato neanche il numero di voti che il PD ha comunque preso anche a Aprile (stravincendo come sempre).
I motivi possono essere tanti. Quello che mi era parso di percepire e che credo possa essere correlato all'intervento del prof Azzoni eri a Torino riguarda il concetto post-moderno di identità e di liquidità.
Da Lyotard a Baumann non si fa altro che sottolineare il tema delle identità liquida, della mancanza di legami forti, della voglia di comunità, ecc. E' anche il tema che riguarda la crisi dei sondaggi politici con buona pace di Piepoli.
Ciò che ho percepito chiedendo a numerose persone di andare alla rinata Festa dell'Unità di Pieve, per amicizia e per vicinanza ideologica, era che si trattava di una partecipazione troppo compromettente per una festa (un brand) così identitaria.
Compromettente per la propria multidentità, per il proprio self, per la propria faccia.
Paradossalmente il veltronesco non solo ma anche è proprio la sintesi postmoderna di questo modo di essere.
Sulle soluzioni individuate da Azzoni non sono proprio d'accordo. Il Prof. invitava comunicazione e politica e reinventare gli spazi-luoghi e soprattutto i contesti di comunicazione.
Premesso che secondo me gli spazi-luoghi (r)esistono - ma probabilmente hanno differenti modalità di fruizione ripetto al passato - credo invece ciò che comunicazione e politica sentono sfuggire e ciò cui dovrebbero lavorare è il concetto di tempo-flusso.
Un concetto che un po' si coglie con l'idea del momentum nel marketing elettorale americano ciò di cui comunicazione & politica hanno bisogno: quel momento in cui il flusso di energia del corpo elettorale è più potente. E' il momento in cui l'identità politica si polarizza su uno degli schieramenti. E' un momento. Il luogo invece presuppone che lo si abiti ed è molto più difficile da gestire per una identità multipla-liquida quale quella postmoderna. Oggi è più facile che il luogo sia quello di una curva dello stadio piuttosto che quello di una sede/festa di partito.
Il resto del tempo, adattandosi anche ad un bioritmo più naturale della vita civile, sarebbe bene che comunicazione e politica ascoltassero ma soprattutto governassero (l'una le relazioni, l'altra la res publica). Insomma il tema mi sembra quello di eliminare l'ossessione della campagna elettorale permanente e passare ad un gestione dei ritmi politico-comunicativi di più largo respiro anche per non stressare continuamente l'elettore (che è anche consumatore, cittadino, hobbista, navigatore, ecc.). Per una questione di efficienza della strategia più che per considerazioni etico-morali.
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