sabato 20 gennaio 2018

Mindscapes, Psiche nel paesaggio

Leggendo questo libro, di cui sono appena al secondo capitolo, ho finalmente ricordato a me stesso che - nonostante questa necessaria iper-connettività digitale che permea la mia vita - non posso privarmi del paesaggio.
Divorerò questo Mindscapes. Psiche nel paesaggio scritto da Vittorio Lingiardi.
Le mie Geografie, che mi piacerebbe far dialogare con la psiche e le emozioni, stanno inevitabilmente al di fuori di questi quattro dispositivi digitali.

E proprio perché le mappe continueranno a raccontarci bugie, il racconto della terra mi continua ad affascinare, come quando scelsi di laurearmi in Geografia con una tesi sulle immagini e rappresentazioni del fiume Reno (quello italiano).

Ecco la bellissima poesia di Wizslawa Szymborska, riportata nel libro di Lingiardi:

LA MAPPA
Piatta come il tavolo
sul quale è posata.
Sotto – nulla si muove,
né cerca uno sbocco.
Sopra – il mio fiato umano
non crea vortici d’aria
e lascia tranquilla
la sua intera superficie.
Bassopiani e vallate sono sempre verdi,
altopiani e montagne sono giallo e marrone,
oceani e mari – di un azzurro amico
sui margini sdruciti.
Qui tutto è piccolo, vicino, alla portata.
Con la punta dell’unghia posso schiacciare i vulcani,
accarezzare i poli senza guanti grossi,
posso con un’occhiata
abbracciare ogni deserto
insieme al fiume che sta lì accanto.
Segnalano le selve alcuni alberelli
tra i quali è ben difficile smarrirsi.
A est e ovest, sopra e sotto
l’equatore, un assoluto
silenzio sparso come semi,
ma in ogni seme nero
la gente vive.
Fosse comuni e improvvise rovine
sono assenti in questo quadro.
I confini s’intravedono appena,
quasi esitanti – esserci o non esserci?
Amo le mappe perché dicono bugie.
Perché sbarrano il passo a verità aggressive.
Perché con indulgenza e buonumore
sul tavolo mi dispiegano un mondo
che non è di questo mondo.

mercoledì 30 agosto 2017

EMA a Milano. Un'occasione mancata... per la comunità italiana delle relazioni pubbliche

Ma EMA a Milano ci viene o no?
Penso che tutti lo considererebbero un successo: un ulteriore mattoncino per il prestigio e la reputazione di Milano, indotto economico, posti di lavoro, un valore per l'industria farmaceutica italiana che si troverebbe in casa un centro decisionale Europeo (ingrado di influenzare altre aree geografiche), ma un valore anche per le organizzazioni italiane di pazienti stessi e per le istituzioni...
Perché allora non è stata fatta una grande campagna di sostegno, che coinvolgesse tutti gli stakeholder? Perché solo Maroni e Sala si sono dati da fare?
Perché il Governo ha tenuto profilo bassissimo?
Non siamo forse in grado di fare lobbying? Sinceramente spero si riesca comunque.
Ciò che mi appare sorprendente è come i PR italiani (sottoscritto in primis - mea culpa mea culpa doppio)  abbiano perso un'occasione per costruire una grande campagna di relazioni pubbliche, che coalizzasse tutti gli stakeholder del settore.
Un'operazione di sistema in grado di creare valore come il trasferimento di EMA a Milano avrebbe meritato qualcosa di più: forse avrebbe dovuto essere promossa e coordinata dai principali attori Regione Lombardia e Comune di Milano, per poi arrivare a coinvolgere aziende, organizzazioni non profit, sanità pubblica, associazioni economiche e di rappresentanza istituzionale, ecc. ecc.
E' troppo tardi?

martedì 21 marzo 2017

Gli sponsor nascosti nei video degli youtuber più amati dai ragazzini

E' uscito oggi un interessante articolo su Repubblica che parla di pubblicità occulta, youtuber e baby tutorial. Clicca qui per leggere repubblica.it

"È una giungla - dice Stefano Zerbi del Codacons - . Vogliamo capire se esistano zone grigie. In teoria, con la legalizzazione della pubblicità occulta, non è affatto vietato reclamizzare un prodotto su YouTube. È come Instagram: chi ha valanghe di follower, e inserisce un marchio in una foto, riceve prodotti gratis, benefit, viaggi"
 

venerdì 10 marzo 2017

Perché è nostro dovere parlare di comunicazione & disastri naturali?

Questa è la domanda che fin dal primo incontro a Mirandola, durante il terremoto dell’Emilia, ci ha guidato per costruire un percorso che non si esaurisse in un’iniziativa one-shot o di breve periodo.

È anche la domanda che ci porta in questi giorni nuovamente in Veneto per discutere con i giornalisti, nostri fondamentali stakeholder.

Personalmente, avendo vissuto l’esperienza terremoto in prima persona da professionista e avendola poi studiata, e poi ancora rivissuta – seppur da lontano – con il terremoto del centro Italia, ritengo che abbiamo una duplice responsabilità come comunicatori e appartenenti ad un’associazione professionale.

Come comunicatori ritengo abbiamo il dovere di parlarne per tentare di trasmettere ai colleghi e in particolare ai professionisti più giovani il valore che le relazioni pubbliche possono offrire alle organizzazioni, alle comunità, ai territori colpiti da disastri naturali. Una responsabilità nei confronti quindi della professione (cfr. Melbourne Mandate).

Come appartenenti a Ferpi ritengo abbiamo il dovere di parlarne a stakeholder ben definiti, come nel caso del corso di Verona, per rendere consapevoli questi nostri stessi interlocutori e l’opinione pubblica dell’importanza che la comunicazione di crisi riveste prima per la preparazione, poi durante l’emergenza e infine del ruolo che il racconto del disastro può avere nella ricostruzione. Non dobbiamo stancarci di ripeterlo: la narrazione del disastro può mettere in moto processi di resilienza nelle comunità, che sono le prime a dover essere ricostruite. Ma una buona comunicazione prima dell’emergenza è altrettanto importante per preparare le comunità al rischio ed ad esempio informarle dei piani di protezione civile. Una responsabilità nei confronti della società (cfr. Melbourne Mandate).

È una mission di alto profilo, cui possiamo concorrere insieme ad altri soggetti, e che già diversi attori hanno riconosciuto anche nell’ultimo, interminabile, tragico fenomeno sismico che ha colpito il centro Italia.

Perdonerete quindi l’insistenza, ma son convinto che si tratti di una grande opportunità di advocacy per la professione… #comunicobene

Pubblicato su Ferpi.it http://www.ferpi.it/perche-e-un-dovere-parlare-di-comunicazione-e-disastri-naturali/


lunedì 5 dicembre 2016

C'è bisogno di una cultura di comunicazione più responsabile

Dopo il risultato del referendum, mi convinco ancora una volta di più di una stringente necessità: c'è bisogno di una cultura di comunicazione più responsabile. C'è bisogno di organizzazioni più  comunicative, ma nel senso indicato dal Melbourne Mandate ormai 4 anni fa, in cui  la stessa strategia venga influenzata dai comunicatori, che devono svolgere un ruolo più strategico,  portando all'interno delle strategie la propria capacità di ascolto.

Io penso che l'esito negativo sul referendum abbia molto più a che fare con le aspettative gonfiate ed oggi deluse nell'elettorato rispetto all'azione di governo. E che queste aspettative siano state gonfiate a causa di un atteggiamento bulimico dal punto di vista della comunicazione, che in questi mesi è stata un bombardamento continuato.
A prescindere da come la si pensasse nel merito della riforma, sappiamo tutti che il voto che è stato espresso ieri ha riguardato un giudizio sul governo in carica, anzi sul premier in carica.
E volendo rimanere sempre neutri nell'analisi, in questi due anni e mezzo il governo può aver fatto cose che giudichiamo positive o negative, ma la sostanzza da un punto di vista meramente comunicativo è che ha sovra-comunicato ed è passato da un apprezzamento per la sua capacità comunicativa ad essere percepito per un propagandista alla continua ricerca del consenso.
In un post che avevo scritto a dicembre 2014, proprio pensando al governo in carica e a noi stessi comunicatori, mi permettevo di suggerire un po' di strategia del silenzio per evitare questa spirale di propaganda/sovracomunicazione che alla lunga avrebbe generato sfiducia e incredulità; cosa che mi sono sentito di ribadire a settembre riflettendo sul terremoto (su Ferpi.it) e sulla ossessiva rincorsa al consenso da parte del governo.

E' chiaro che non è semplice; ma non è semplice anche perché la comunicazione è stata scambiata (forse proprio per il ventennio appena passato) per propaganda, quando in realta la società è cambiata, il flusso informativo si è radicalemente modificato, l'intermediazione giornalistica sta assumendo un ruolo diverso (forse secondario, forse meno autorevole?), la televisione si sta riposizionando, i social network hanno minato l'autorevolezza degli opinion leader novecenteschi, il cambiamento geopolitico ha determinato la crisi delle classi dirigenti...

Io vedo una luce in fondo al tunnel per gestire il cambiamento e contribuire a una società ed un futuro migliori; è un'esigenza insopprimibile per la classe politica come per qualunque altra organizzazione (economica e sociale) ed ha a che fare direttamente con la comunicazione e le relazioni pubbliche: si tratta di maggiore responsabilità nella comunicazione, maggiore ascolto dei propri stakeholder, maggiore trasparenza e capacità di trattenersi dall'inseguire il consenso.

giovedì 9 giugno 2016

Disastri naturali: una comunicazione responsabile? Modelli, casi reali e opportunità nella comunicazione di crisi

www.buponline.com
Cosa accade quando una calamità naturale colpisce un determinato territorio? Esiste una griglia comportamentale di condotte virtuose capaci di assicurare la pronta ripresa sociale ed economica di quel territorio? 
È possibile sviluppare una narrazione della calamità e della comunità che salvaguardi la reputazione del territorio? E che ruolo riveste o può rivestire la comunicazione in questo processo multidisciplinare? 
 Originando dagli esempi dei terremoti che hanno colpito L’Aquila e l’Emilia- Romagna – e dai due differenti approcci gestionali e comunicativi che ne hanno caratterizzato il processo di ripresa – il testo risponde a queste domande, offrendo al Lettore un percorso di consultazione circolare ed interconnesso, che include al proprio interno non solo le regole comunicative da attuare in caso di crisi già conclamata, ma anche le possibili condotte di prevenzione funzionali all’individuazione delle aree vulnerabili, nonché le opportunità che possono derivare da una gestione ben metabolizzata e positivamente orientata verso tutti i pubblici interessati. 
In vendita sul sito della Casa Editrice, Bononia University Press a 15.00 euro
I diritti d'autore saranno devoluti a tesi e ricerche sul tema della comunicazione e dei disastri naturali. In particolare vorremmo sostenere la presentazione (rimborsando spese di viaggio, costi di iscrizione, ecc.) di paper e ricerche in convegni e conferenze internazionali in modo che giovani ricercatori italiano possano ottenere visibilità in sedi internazionali.  
Alcune conferenze cui riteniamo importante la partecipazione (oggi molto bassa) di ricercatori italiani: l'International History of Public Relation Conference, il Research Colloquium all'interno del World PR Forum, BledCom Symposium
online il blog del libro: http://disastrinaturalicomunicazione.blogspot.it



Nuovo blog

Dal 2 gennaio pubblico i miei post su  https://pranista.blog/