Ieri, vicino a Londra, abbiamo presentato a una 50ina di aziende inglesi il salone fieristico dedicato al Motorsport e i trend del mercato italiano dell'high perfomance engineering.
L'evento a parte i partner italiani, aveva come co-organizzatore la MIA - Motorsport Industry Association: una società che associa diverse centinaia di aziende (principalmente inglesi ma in generale di tutto il mondo) della filiera del motorsport. Per l'ennesima volta ho visto questo soggetto, la MIA, creare valore mettendo in network le aziende e generando relazioni tra loro.
Il mantra del suo CEO, Chris Aylett, è "scambiatevi i biglietti da visita, finite la giornata con le tasche vuote dei vostri biglietti e piene di quelle degli altri". Alla base c'è ovviamente una profonda conoscenza della materia (tutti i contenuti tecnologici e di business della filiera produttiva del motorsport che parte dalla fusione dei materiali innovativi ed arriva alla gara in pista, ma sfora nell'aerospazio e nella difesa).
Ma il valore che la MIA sa creare è la messa in relazione e la gestione delle relazioni tra i membri. E si tratta, si badi bene, di un'associazione che precede l'avvento di internet e del web 2.0. Che precede e che ne incarna anzitempo lo spirito.
Spirito che è una vera e propria visione: tanto da lasciare a volte perplessi coloro che non ne fanno parte (ad esempio gli operatori italiani del settore) che si fanno spaventare dal potenziale concorrente invece che farsi conquistare dagli indubbi vantaggi che ha far parte della community (della famiglia diremmo anche in altri termini).
In un dialogo con Chris, animatore e cuore pulsante del MIA, mi sono avventurato nel suggerigli di non cercare di creare una sovrastruttura social network al network reale che rappresenta perché il rischio - a mio avviso - è quello di creare una sovrastruttura che non funziona. La qualità delle relazioni e la loro gestione sono il valore inestimabile che questo soggetto ha: un soggetto ibrido, che fa lobbying, che crea business tra i membri e non solo, che è un'azienda ma che vive di una base associativa.
Ogni volta che facciamo qualcosa insieme, partecipazioni a fiere, eventi, networking cocktail, delegazioni biz, mi rendo conto di quanto siano bravi a gestire e sviluppare le relazioni. Tutto qui...
Mi piacerebbe analizzarne il funzionamento alla luce degli stimoli di Sven Hammerfors sul network value per capire se si tratta di un modello esportabile in altri settori. Ad oggi non ho mai incontrato soggetti così efficaci: né tra le associazioni di categoria/imprenditoriali, né tra i distretti, né tra i club di prodotto o i network, ecc.