Quali sono i principali risultati della tua ricerca?
Nell’ultimo decennio in Italia, il settore culturale ha registrato il passaggio dalla fruizione di beni alla prevalente partecipazione ad attività culturali, determinando l’esplosione del “Fenomeno Festival”. Caratterizzati da un’unità di tempo, luogo e tema, stanno conoscendo una crescita senza precedenti (più di 1200), contribuendo in modo rilevante allo sviluppo economico, occupazionale e turistico del Paese.
Le cause principali che hanno determinato il successo di tali manifestazioni culturali sono imputabili secondo diversi studiosi (Borsari M. e De Masi D.) all’inadeguatezza delle istituzioni culturali tradizionali (Università, Scuola, Famiglia) e dei media generalisti (Tv e Radio). Lo sviluppo tecnologico, lo sviluppo dei Mass Media, la scolarizzazione di massa e la Globalizzazione hanno consentito una democratizzazione dell’accesso alla cultura e l’emergere di nuovi bisogni quali la Creatività, l’ Etica, l’ Estetica e la ricerca della Qualità della vita. Questi mutamenti sociali hanno determinato, secondo la letteratura, un maggiore consumo culturale da parte delle masse. Il pubblico di oggi che è tendenzialmente più colto (anche grazie all’accessibilità dei nuovi media che permettono di approfondire facilmente tematiche di interesse), più ricco e con più tempo libero cerca contenitori culturali con una veste più attraente, che prevedano anche il piacere estetico e la soddisfazione di un forte bisogno ludico-relazionale e quindi la voglia di far parte di una comunità dagli interessi comuni.
Hai una stima, anche approssimativa, del mercato dei Festival e del numero di persone e organizzazioni coinvolte in Italia?
I dati statistici sui festival, che si svolgono annualmente in Italia, dimostrano che il fenomeno è in rilevante crescita, come succede del resto in tutti i paesi ad economia avanzata.
Secondo l’Osservatorio del Festival of Festival (FOF), un appuntamento periodico che si tiene ogni anno a Bologna, sono oltre 10 milioni gli italiani che nel 2008 hanno seguito almeno un festival. Il 65% degli eventi attira tra i 5 e i 20 mila spettatori, il 25% tra i 20 e i 50 mila e il 10% ha più di 50 mila spettatori. Sempre secondo questa ricerca, la Toscana e l’Emilia Romagna sono le regioni con più festival, seguono appaiate Lazio e Lombardia. Il target di riferimento o cluster profilato tramite analisi degli stili di vita è quello del nuovo ceto medio internazionale di professionals con capacità di spesa medio-alta. E’ definito anche serious tourism perché si tratta di hobbysti che utilizzano soprattutto risorse culturali e/o sportive, si muovono in modo de-sincronizzato tra le città e hanno generato la domanda di short break, desiderano che la destinazione si adatti a loro e non loro alla destinazione, usano intensamente l’accesso alle informazioni on- line, ricercano l’incontro con le culture e le popolazioni locali, sono impegnati costantemente nell’attribuire punteggi e graduatorie alle loro esperienze, partecipano a più gruppi con motivazioni ricreative diverse, amano il viaggio veloce e vivere con lentezza nella destinazione. L’investimento nei festival è di circa 400 milioni di euro e genera un giro d’affari stimato in 1,5 miliardi di euro. Le manifestazioni, gestite con particolare attenzione agli impatti economici, hanno un rapporto di 1 a 7: se si investe 1000 euro se ne incassano 7000 mila. Il costo è variabile: si va dai 50 mila euro nel 34% dei casi a oltre 2 milioni nel 4,76%. Cifre molto diverse e spese in modo diverso. Poiché sono stati 927 i festival censiti nel 2009, si può sostenere che vi sono altrettanti manager di eventi che, potenzialmente, possono svolgere un lavoro imprenditoriale con cui vivere nel corso dell’anno. Ma è altrettanto vero che essi sono i nodi di una rete: il festival ha successo perché è collegato alla pubblica amministrazione, alla sicurezza dei partecipanti, alla gastronomia e ai ristoranti, al pronto soccorso/ospedale, ecc. I manager di eventi sono anche professionisti dello sviluppo turistico locale perché la manifestazione è anche una risorsa locale e un medium del territorio (Costa, 2005). Queste figure professionali possono incrementare gli incassi se sanno cooperare con gli operatori turistici, massimizzando i vantaggi del festival per l’economia della destinazione. E offrire un’immagine coordinata della destinazione, presentata e ri-presentata nella sua diversità. Così non succede. Spesso il festival è un’occasione mancata per potenziare l’unicità, la qualità e l’appeal della destinazione.
Quale il ruolo della comunicazione e dei professionisti delle relazioni pubbliche nel settore?
La dimensione comunicativa in un festival è trasversale e fondamentale.
Possiamo creare uno spettacolo straordinario ed unico ma se non sappiamo comunicarlo nel modo più efficace è come se non lo avessimo fatto. L’evento Festival è comunicazione nel senso che attiva relazioni, rappresenta una cultura e si esprime in forma intergrata. Diversi sono i target e gli obiettivi che devono essere raggiunti, il festival può scegliere di volta in volta lo strumento e la disciplina più funzionale al raggiungimento del risultato. La Comunicazione Istituzionale avrà l’obiettivo di agire sugli Atteggiamenti nei confronti della manifestazione. La Comunicazione Esterna sui Comportamenti di acquisto e la Comunicazione Interna sulla Motivazione dello Staff. La Comunicazione diventa quindi importante per il supporto delle attività di marketing, determinante nelle azioni di lobbying ed essenziale per le operazioni di grosso impegno finanziario, come nei casi del fundraising. La corretta impostazione dell’attività di comunicazione ha un ruolo cruciale per la riuscita degli eventi, ma non sempre è in grado di assicurarla.
Un festival culturale di qualsiasi tipo – cinematografico, musicale, culturale, teatrale, scientifico – è promosso da un’èlite politica e intellettuale con obiettivi connessi alla qualità della divulgazione disciplinare di riferimento e al successo mediatico. Per misurarne il successo, la rassegna stampa costituisce il principale indicatore. Le relazioni pubbliche sono interne a circuiti dei politici, che immettono le risorse finanziarie pubbliche e garantiscono con il patrocinio la serietà del fund raising, degli artisti, che vengono scelti dalla direzione creativa in base a valutazioni estetiche, e dei giornalisti, che formulano giudizi di merito sulla carta stampata e in televisione e contribuiscono alla promozione.
Se hai avuto modo di affrontarlo qual è il ruolo dei festival nel marketing territoriale e nella promozione turistica?
I festival possono essere a pieno titolo utilizzati come strumenti di rafforzamento dell’identità locale e di diffusione della stessa attraverso le rappresentazioni che di esse e del luogo che li ospita se ne fanno i visitors e i locali stessi. I Festival nella loro evoluzione sono diventati, per le loro caratteristiche di breve durata – flessibilità – tematicità, anche strumenti della progettazione culturale sul territorio, acquisendo importanti funzioni sociali per la comunità che li ospita. Questo implica: una forte interconnessione con il rilancio di aree industriali dismesse, la valorizzazione di siti archeologici e storici, l’abbinamento con le politiche di crescita e regolazione dei flussi turistici (Costa N. 2005 e Ferrari S. 2002) (1), la creazione di un indotto economico collaterale (Guerzoni 2008) (2), la capacità di dialogare e rispondere alle richieste di enti locali ed aziende private (Argano 2006) (3). Queste nuove valenze hanno favorito sicuramente l’attuale proliferazione dei Festival. In questo libro ho cercato di dimostrare l’importanza che il Comitato Promotore di un Festival chieda espressamente di essere inserito nella programmazione turistica, nel piano di marketing territoriale per il turismo. Anche se ciò appare un limite alla sua creatività, che non dovrebbe avere limiti, il manager degli eventi è socialmente responsabile, agisce da facilitatore dei processi aggregativi, contribuisce alla qualità complessiva dei luoghi di cui l’evento è rafforzativo e specificante. Infatti, il nuovo ceto medio internazionale, che fa della mobilità una pratica quotidiana, non è attratto soltanto dal core service dell’evento, ma anche dalle risorse secondarie che trasformano la destinazione nella ‘sua’ destinazione, in centro ‘elettivo’ preferito ad altri centri ‘elettivi’.
I festival sono esplosi come numero negli ultimi anni forse senza una pari crescita in qualità. Credi che nel futuro prossimo assisteremo a una ristrutturaizone del settore?
Con il termine Festival vengono spesso associate realtà molto diverse tra loro (fiere, congressi, sagre, concerti etc.) generando a volte confusione e superficialità d’analisi. Per restringere il campo d’indagine per Festival abbiamo inteso una manifestazione con una continuità storica, un preciso tema culturale, eventi concentrati in un tempo e luogo precisi. La mortalità dei festival è spesso dovuta alla mancata programmazione come risorsa turistica. Di qui l’opportunità di attribuire alla variabile manageriale in chiave turistica un ruolo importante per valutare gli effetti economici di un festival e prendere motivate decisione su come progettarlo con razionalità e lungimiranza. Il processo di programmazione, come osserva Ryan (2002) (4) , parte dalla capacità di interpretare l’esperienza dei visitatori allo scopo di verificare se esistono o meno gli elementi dell’offerta che incontrano tale esperienza. Per decidere i miglioramenti turistici da apportare alla location, il manager del festival chiede che un sociologo del turismo lo aiuti ad organizzare focus group con gli operatori turistici per testare i singoli progetti o interventi che risolvono le criticità per prendere, insieme, decisioni congiunte. Il riallineamento dell’offerta consente di attrarre e deliziare i visitors con capacità di spesa medio-alta, gestire gli effetti positivi del festival e ridurre le diseconomie esterne. Con il mio libro ho cercato di raccogliere tecniche e metodi di analisi e di gestione, osservati nelle eccellenze organizzative del settore, che possono diventare un’ottima cassetta degli attrezzi per la progettazione culturale di un festival in questo senso.
Tu ti sei occupata di festival in prima persona… Cosa ti ha spinto ad approfodire questo tema?
L’interesse della ricerca sul fenomeno dei Festival è nata 5 anni fa (2005) quando in sede di dottorato in Scienze della Comunicazione (La Sapienza) insieme al Prof. De Masi, che era il mio tutor, decisi di scegliere come oggetto di ricerca per la mia tesi di dottorato quello che mi sembrava essere uno dei fenomeni comunicativi contemporanei più affascinanti e più rappresentativi dell’odierna società postindustriale. Scelsi di analizzare i
FESTIVAL. Terminato il dottorato nel 2008, ho dedicato altri due anni ad approfondire questo interessante fenomeno, applicando e sperimentando i risultati delle mie ricerche nella sezione giovani del Ravello Festival Clipmusic, da me ideata nel 2005, e nella Scuola di Formazione in Management Culturale “Lisa Mascolo” di Ravello. I dati che avevo analizzato dimostravano che in Italia si stava registrando una crescita esponenziale del fenomeno festival, ma se molti erano gli studi nazionali ed internazionali sul marketing (analisi dei pubblici) e sull’impatto economico – turistico sul territorio, pochi quelli sulla dimensione organizzativa manageriale che consente ai casi di eccellenza di avere successo. Ho quindi cercato di rispondere a questa domanda: Quali sono gli strumenti organizzativi che consentono ai festival di
diventare motore di sviluppo sociale, culturale e anche economico? Spero quindi che il
mio libro diventi un “libro di servizio” da utilizzare per creare nuove esperienze culturali di qualità.
(1) Costa N., I professionisti dello sviluppo turistico locale, Hoepli, Milano, 2005.
Ferrari S., Event Marketing: i grandi eventi e gli eventi speciali come strumenti di marketing, Padova, CEDAM, 2002.
(2) Guerzoni G., Effetto Festival, L’impatto economico dei festival di approfondimento culturale, Strumenti, Fondazione Eventi – Fondazione Carispe, Milano 2008.
(3) Argano L., Bollo A., Vivalda C., Gli eventi culturali, Franco Angeli, Milano, 2006.
(4) Ryan C. (a cura di), The tourist experience, Continuum, Londra, 2002.
toni muzi falconi il 23/05/2010 :
Corrono voci insistenti che diversi nostri colleghi, come ai tempi di Tangentopoli, siano coinvolti nelle vicende della protezione civile e dei grandi eventi.
Per ora (che io sappia…) non è ancora trapelato nulla, ma dobbiamo prepararci al peggio.
Certo, avrei preferito che il tema fosse lanciato da un qualche autorevole senior:
°magari di quelli che pensano che ‘se non lo faccio io la fa un altro collega…in tal caso sarei cornuto e mazziato’
°oppure di qualche docente che si chiede: ‘ma come faccio a far finta di nulla in classe quando parlo di relazioni pubbliche e etica?’,
°o infine di chi (come penso io…) sostiene che il tema etico sia soltanto normativo mentre dalpunto di vista descrittivo convenga adottare una prospettiva utilitaristica per cui le scorciatoie sono inefficaci, se non ( e neppure sempre..) sul brevissimo termine. Può andare bene per una impresa o un professionista ‘una botta e via’, ma non per chi sa che la reputazione (del professionista, della professione, del cliente o datore di lavoro) si basa sulla responsabilità e la rendicontazione trasparente dei comportamenti agiti.
Tant’è: Biagio è uno dei nostri giovani (non proprio di primo pelo, non fraintendetemi..) più capaci e competenti, e l’urlo che lancia gli fa onore. Vi segnalo anche il suo blog, sempre graffiante e stimolante www.pranista.com
Nel resistere, Biagio tutela l’interesse della sua agenzia e dei suoi clienti?
Se l’interesse dell’una e dell’altro sono focalizzati sul breve, probabilmente no.
Ma sarà costretto a farsi crescere la barba.
Altrimenti come fa tutte le mattine a guardarsi allo specchio?
Mah, dirà qualcuno, non fare il cattivo maestro…. così fan tutti….
Per prima cosa, rispondo, non è vero.
Sono sicuramente di più coloro che si comportano bene, di quelli che si comportano male.
E poi? Se anche fosse? Che ragione c’è di violare la propria etica, quella professionale e quella dell’organizzazione? Il mero risultato immediato?
Io non sono d’accordo.
Però a ciascuno di noi e più ancora alle associazioni professionali degne di questo nome, spetta la responsabilità di arare, coltivare, crescere un ambiente professionale in cui la pressione dei pari (al di là e ben oltre la legge) favorisca comportamenti decenti.
La semplice consapevolezza che un collega (socio o non socio poco importa) prenda scorciatoie inadeguate dovrebbe essere sufficiente per indurre isolamento.
Faccio un esempio personale: fino a che non conoscerò la versione che Klaus Davi, verso il quale non nutro alcuna ostilità, ha dato (se l’ha data) ai probiviri di Assorel in merito alla recente vicenda riportata anche da questo sito, non intendo avere con lui relazioni professionali.
http://www.ferpi.it/ferpi/novita/notizie_rp/media/klaus-davi-come-ti-piazzo-il-cliente/notizia_rp/41100/9
Se, come spero, le informazioni erano false o comunque fuorvianti, allora non avrò alcuna difficoltà a considerarlo un collega, peraltro assai creativo e fantasioso.
Caro Biagio, è sicuro che la Ferpi, con i suoi 1.000 e rotti iscritti rispetto ai 100 mila operatori sul mercato, non potrà mai assicurare comportamenti corretti.
E’ però altrettanto sicuro che una Ferpi forte, autorevole e reputata, capace di assicurare che i propri iscritti si comportano bene, pena l’esclusione dalla comunità professionale, potrà esercitare le adeguate pressioni affinché le organizzazioni private, pubbliche e sociali selezionando all’interno o all’esterno i propri dirigneti o consulenti di relazioni pubbliche obblighino anche i non iscritti (sarebbe insensto essere corporativi…) firmino il nostro codice di etica professionale.
I tempi sono difficili e le difficoltà non potranno che crescere.
Ma sono proprio in tempi difficili in cui emergono i migliori.
Biagio Oppi il 24/05/2010 :
Per questo mi va di parlarne con la mia community professionale, coloro con cui condivido valori e etica professionale.
Dovremmo anche però concentrarci su alcuni aspetti importanti:
- cominciare a rompere la logica con la ragione che prima o poi la m…. torna a galla in nel mondo 2.0: intercettazioni, videoriprese, registrazioni, email, sensazionalismo dei media, social network e passaparola, ecc. tutto è registrato e “conviene comportarsi bene!”
- inserire all’interno delle nostre aziende percorsi di comunicazione per rafforzare l’adesione ai valori enunciati sulle carte (-valori)
- le gare pubbliche: c’è un’iniziativa di Unicom (non so quali siano i nostri rapporti interassociativi) che trovate sul loro magazine e sul sito: TUTTI DELATORI in cui si invita a segnalare gare losche. E’ un’iniziativa, non dico sia giusta in assoluto perché forse può essere strumentalizzata, però dà un segnale forte e forse un disincentivo a predisporre gare truccate
- allo stesso tempo tutti sappiamo che la normativa sulle gare è troppo rigida: chi ha un progetto (anche bello) non sa quasi mai come farselo affidare e approvare da un ente. bisogna sensibilizzare anche l’industria artistica-culturale in questo senso.
- metodi professionali e riconosciuti di e ascolto preventivo possono aiutarci a prevenire le crisi ma soprattutto i comportamenti critici.
E poi Noi. Noi in primis cominciamo a rendicontare ciò che facciamo.