venerdì 28 maggio 2010

Le dichiarazioni avventate...

Ma chi è il consigliere di Silvio...C'è il primo ministro di Israele di fianco e lui cita Mussolini???
A volte non capisco più come gira: il grande comunicatore era un po' Fatto... Quotidiano
Tira in ballo i diari del Duce, letti "recentemente": "Oso citarvi una frase di colui che era considerato come un grande dittatore: dicono che ho potere, ma io non ho nessun potere, forse ce l'hanno i gerarchi, ma non io. Io posso solo decidere se far andare il mio cavallo a destra o a sinistra, ma nient'altro". "Lo stesso succede a me, tanto che tutti hanno il diritto sia di criticarmi che di insultarmi...", aggiunge il premier. "Quindi - conclude - il potere se esiste non esiste addosso a coloro che reggono le sorti dei governo dei vari Paesi".

giovedì 27 maggio 2010

BTL: una survey o un Pesce d'aprile fuor d'acqua e fuor di data?

Mi è arrivata la richiesta di partecipare a una survey sulla "comunicazione Beyond the line"... Trattandosi di Ferpi come "inoltratore e patrocinatore" ho risposto alle domande intendendo beyond per below, ma non l'avevo mai sentita usare questa espressione...
Forse nelle ultime settimane è emersa questa nuova definizione e allora mi dichiaro ignorante.
Però poi è venuto un dubbio: trattasi di dolcetto o scherzetto? Pesce d'aprile andato ormai a male?

mercoledì 26 maggio 2010

Tangentopoli 2: e le relazioni pubbliche?

Posto sul sito il pezzo ed alcuni commenti su etica, RP e ferpi

L’etica continua a far parlare: Biagio Oppi approfondisce i temi affrontati da Paolo D’Anselmi con una riflessione personale e una serie di interrogativi: cosa si può fare per “cambiare il mondo”? Che ruolo i relatori pubblici in tutto questo? E Ferpi?

21/05/2010, Notizie RP, 2 Commenti
7043 di Biagio Oppi
Fa piacere leggere le riflessioni di D’Anselmi su un tema così delicato in questo momento e – credo – decisivo per la professione. Ne sento il bisogno professionalmente e personalmente.
Paradossalmente però avrei bisogno di sentirmi dire: “delinquere non è conveniente”.
Draquila, il film della Guzzanti, si chiude con un intervistato che, smentendo il fatto che siamo in un regime dittatoriale classico, dice: “Siamo in una dittatura della merda”.
Ora traslando l’escremento dall’obiettivo degli strali del film al comportamento diffuso e facilmente constatabile da parte di tutti, l’affermazione non è così campata in aria e rischia di trascinarci nelle sabbie mobili della passiva accettazione di questa condizione.
Cosa che non voglio fare. Professionalmente e personalmente.
Tuttavia (come confidavo in una mail a un collega molto più bravo, competente ed influente qualche giorno fa) ci troviamo, noi RP, in una condizione molto sensibile e particolare per varie ragioni che metto giù disordinatamente:
  • siamo anche noi che dobbiamo far capire ai committenti che comportarsi bene paga e almeno nel lungo periodo migliora/accresce la reputazione
  • siamo anche noi che cogliamo con l’ascolto degli stakeholder segnali sulle loro aspettative (più o meno legittime)
  • siamo tra i consulenti quelli meno riconosciuti come profilo professionale ma allo stesso tempo dobbiamo frenare certe idee “rischiose” di altre categorie professionali molto influenti (avvocati e commercialisti in primis)
  • il rapporto con gli enti pubblici, in particolare sul tema Bandi di gara/affidamenti diretti (anche per una legislazione forse troppo rigida) è sotto gli occhi di tutti: la prima domanda che ci poniamo è “ma è una gara vera o è già decisa” (non so se sia così anche negli altri settori (mia ignoranza)
  • gli eventi (in Draquila i Grandi Eventi) e di pari passo le sponsorizzazione sono un incrocio pericoloso e già tangentopoli ebbe un impatto non da poco su questi settori.
Insomma c’è qualche piccolo crinale. A me personalmente nell’ultimo anno saranno capitati almeno una ventina di casi che rischiavano di farmi scivolare. Per ora tengo botta (e rispondo all’invito del mio collega) ma quanto sto tutelando il mio business, l’agenzia per cui lavoro?
Un’ultima domanda, che forse suona un po’ generica: ma a quale etica devo far riferimento quando il crinale si stringe troppo:
  • alla mia etica personale (i miei valori)?
  • alla mia etica professionale (codice Ferpi, etc.)?
  • all’etica del mio datore di lavoro (codici di comportamento)?
  • all’etica del mio committente?
Concludo. Non credo che i Relatori Pubblici possano cambiare il mondo e forse neanche la Ferpi. Vorrei però provarci un po’: soprattutto perché razionalmente credo sia sensato proprio perché ci troviamo in un mondo 2.0 (tecnologicamente e socialmente iperconnesso, interattivo, sempre in onda) dove alla lunga conviene lavorare per favorire trasparenza ed etica.

2 Commenti

toni muzi falconi il 23/05/2010 :

Da diverse settimane speravo che qualcuno affrontasse questo tema.
Corrono voci insistenti che diversi nostri colleghi, come ai tempi di Tangentopoli, siano coinvolti nelle vicende della protezione civile e dei grandi eventi.
Per ora (che io sappia…) non è ancora trapelato nulla, ma dobbiamo prepararci al peggio.
Certo, avrei preferito che il tema fosse lanciato da un qualche autorevole senior:
°magari di quelli che pensano che ‘se non lo faccio io la fa un altro collega…in tal caso sarei cornuto e mazziato’
°oppure di qualche docente che si chiede: ‘ma come faccio a far finta di nulla in classe quando parlo di relazioni pubbliche e etica?’,
°o infine di chi (come penso io…) sostiene che il tema etico sia soltanto normativo mentre dalpunto di vista descrittivo convenga adottare una prospettiva utilitaristica per cui le scorciatoie sono inefficaci, se non ( e neppure sempre..) sul brevissimo termine. Può andare bene per una impresa o un professionista ‘una botta e via’, ma non per chi sa che la reputazione (del professionista, della professione, del cliente o datore di lavoro) si basa sulla responsabilità e la rendicontazione trasparente dei comportamenti agiti.
Tant’è: Biagio è uno dei nostri giovani (non proprio di primo pelo, non fraintendetemi..) più capaci e competenti, e l’urlo che lancia gli fa onore. Vi segnalo anche il suo blog, sempre graffiante e stimolante www.pranista.com
Nel resistere, Biagio tutela l’interesse della sua agenzia e dei suoi clienti?
Se l’interesse dell’una e dell’altro sono focalizzati sul breve, probabilmente no.
Ma sarà costretto a farsi crescere la barba.
Altrimenti come fa tutte le mattine a guardarsi allo specchio?

Mah, dirà qualcuno, non fare il cattivo maestro…. così fan tutti….
Per prima cosa, rispondo, non è vero.
Sono sicuramente di più coloro che si comportano bene, di quelli che si comportano male.
E poi? Se anche fosse? Che ragione c’è di violare la propria etica, quella professionale e quella dell’organizzazione? Il mero risultato immediato?
Io non sono d’accordo.

Però a ciascuno di noi e più ancora alle associazioni professionali degne di questo nome, spetta la responsabilità di arare, coltivare, crescere un ambiente professionale in cui la pressione dei pari (al di là e ben oltre la legge) favorisca comportamenti decenti.
La semplice consapevolezza che un collega (socio o non socio poco importa) prenda scorciatoie inadeguate dovrebbe essere sufficiente per indurre isolamento.

Faccio un esempio personale: fino a che non conoscerò la versione che Klaus Davi, verso il quale non nutro alcuna ostilità, ha dato (se l’ha data) ai probiviri di Assorel in merito alla recente vicenda riportata anche da questo sito, non intendo avere con lui relazioni professionali.
http://www.ferpi.it/ferpi/novita/notizie_rp/media/klaus-davi-come-ti-piazzo-il-cliente/notizia_rp/41100/9

Se, come spero, le informazioni erano false o comunque fuorvianti, allora non avrò alcuna difficoltà a considerarlo un collega, peraltro assai creativo e fantasioso.
Caro Biagio, è sicuro che la Ferpi, con i suoi 1.000 e rotti iscritti rispetto ai 100 mila operatori sul mercato, non potrà mai assicurare comportamenti corretti.
E’ però altrettanto sicuro che una Ferpi forte, autorevole e reputata, capace di assicurare che i propri iscritti si comportano bene, pena l’esclusione dalla comunità professionale, potrà esercitare le adeguate pressioni affinché le organizzazioni private, pubbliche e sociali selezionando all’interno o all’esterno i propri dirigneti o consulenti di relazioni pubbliche obblighino anche i non iscritti (sarebbe insensto essere corporativi…) firmino il nostro codice di etica professionale.

I tempi sono difficili e le difficoltà non potranno che crescere.
Ma sono proprio in tempi difficili in cui emergono i migliori.

Biagio Oppi il 24/05/2010 :

I tempi son difficili, il tempo è poco e l’argomento è… SENSIBILE.
Per questo mi va di parlarne con la mia community professionale, coloro con cui condivido valori e etica professionale.
Dovremmo anche però concentrarci su alcuni aspetti importanti:
- cominciare a rompere la logica con la ragione che prima o poi la m…. torna a galla in nel mondo 2.0: intercettazioni, videoriprese, registrazioni, email, sensazionalismo dei media, social network e passaparola, ecc. tutto è registrato e “conviene comportarsi bene!”
- inserire all’interno delle nostre aziende percorsi di comunicazione per rafforzare l’adesione ai valori enunciati sulle carte (-valori)
- le gare pubbliche: c’è un’iniziativa di Unicom (non so quali siano i nostri rapporti interassociativi) che trovate sul loro magazine e sul sito: TUTTI DELATORI in cui si invita a segnalare gare losche. E’ un’iniziativa, non dico sia giusta in assoluto perché forse può essere strumentalizzata, però dà un segnale forte e forse un disincentivo a predisporre gare truccate
- allo stesso tempo tutti sappiamo che la normativa sulle gare è troppo rigida: chi ha un progetto (anche bello) non sa quasi mai come farselo affidare e approvare da un ente. bisogna sensibilizzare anche l’industria artistica-culturale in questo senso.
- metodi professionali e riconosciuti di e ascolto preventivo possono aiutarci a prevenire le crisi ma soprattutto i comportamenti critici.
E poi Noi. Noi in primis cominciamo a rendicontare ciò che facciamo.

venerdì 21 maggio 2010

Network, Comunicazzz Interna & Leadership

Su Nòva del Sole 24 Ore di ieri bell'articolo in prima pagina di Luca de Biase che affronta il tema del network intranet per le aziende che definisce ibride.
Un tema fondamentale anche per noi: basta dare un occhio agli Stockholm Accords e alla bella intervista di Sven Hamrefors su YouTube ormai di un anno fa.

giovedì 20 maggio 2010

Seguela: Berlusconi è una star e si comporta da star

Jacques Seguela, il guru della pubblicità a Milano per presentare il suo libro intervista 'Presidente da vendere'  risponde alla domanda: Perchè i consensi nei confronti di Sarkosy sono precipitati con la crisi e quelli di Berlusconi invece no?
"La magia di Berlusconi è che era una star ancora prima della politica. Mette in mostra i suoi soldi, il suo successo. Il suo stato di star lo protegge di fronte a qualsiasi problema. L'Italia è il paese che dopo il giappone usa usa più star nella pubblicità. L'italia è vaccinata da Hollywood. E Berlusconi è una star e si comporta da star. Lo si accusa di essere un seduttore e gli italiani si sentono tutti dei seduttori. E in questa situazione di crisi economica il suo successo economico rassicura gli italiani".

L'ho comprato, am chissà quando lo leggerò... il tempo tiranno!

lunedì 10 maggio 2010

I festival fenomeno di sviluppo sociale, culturale ed economico

L’investimento nei festival nel 2009 è stato di circa 400 milioni di euro generando un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro. Centrale e strategico il ruolo della comunicazione. Sono alcuni dei dati presentati da Barbara Maussier nel libro “Festival Management e destinazione turistica”. 

05/05/2010, Notizie Ferpi, Commenti
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Quali sono i principali risultati della tua ricerca?
Nell’ultimo decennio in Italia, il settore culturale ha registrato il passaggio dalla fruizione di beni alla prevalente partecipazione ad attività culturali, determinando l’esplosione del “Fenomeno Festival”. Caratterizzati da un’unità di tempo, luogo e tema, stanno conoscendo una crescita senza precedenti (più di 1200), contribuendo in modo rilevante allo sviluppo economico, occupazionale e turistico del Paese.
Le cause principali che hanno determinato il successo di tali manifestazioni culturali sono imputabili secondo diversi studiosi (Borsari M. e De Masi D.) all’inadeguatezza delle istituzioni culturali tradizionali (Università, Scuola, Famiglia) e dei media generalisti (Tv e Radio). Lo sviluppo tecnologico, lo sviluppo dei Mass Media, la scolarizzazione di massa e la Globalizzazione hanno consentito una democratizzazione dell’accesso alla cultura e l’emergere di nuovi bisogni quali la Creatività, l’ Etica, l’ Estetica e la ricerca della Qualità della vita. Questi mutamenti sociali hanno determinato, secondo la letteratura, un maggiore consumo culturale da parte delle masse. Il pubblico di oggi che è tendenzialmente più colto (anche grazie all’accessibilità dei nuovi media che permettono di approfondire facilmente tematiche di interesse), più ricco e con più tempo libero cerca contenitori culturali con una veste più attraente, che prevedano anche il piacere estetico e la soddisfazione di un forte bisogno ludico-relazionale e quindi la voglia di far parte di una comunità dagli interessi comuni.
Hai una stima, anche approssimativa, del mercato dei Festival e del numero di persone e organizzazioni coinvolte in Italia?
I dati statistici sui festival, che si svolgono annualmente in Italia, dimostrano che il fenomeno è in rilevante crescita, come succede del resto in tutti i paesi ad economia avanzata.
Secondo l’Osservatorio del Festival of Festival (FOF), un appuntamento periodico che si tiene ogni anno a Bologna, sono oltre 10 milioni gli italiani che nel 2008 hanno seguito almeno un festival. Il 65% degli eventi attira tra i 5 e i 20 mila spettatori, il 25% tra i 20 e i 50 mila e il 10% ha più di 50 mila spettatori. Sempre secondo questa ricerca, la Toscana e l’Emilia Romagna sono le regioni con più festival, seguono appaiate Lazio e Lombardia. Il target di riferimento o cluster profilato tramite analisi degli stili di vita è quello del nuovo ceto medio internazionale di professionals con capacità di spesa medio-alta. E’ definito anche serious tourism perché si tratta di hobbysti che utilizzano soprattutto risorse culturali e/o sportive, si muovono in modo de-sincronizzato tra le città e hanno generato la domanda di short break, desiderano che la destinazione si adatti a loro e non loro alla destinazione, usano intensamente l’accesso alle informazioni on- line, ricercano l’incontro con le culture e le popolazioni locali, sono impegnati costantemente nell’attribuire punteggi e graduatorie alle loro esperienze, partecipano a più gruppi con motivazioni ricreative diverse, amano il viaggio veloce e vivere con lentezza nella destinazione. L’investimento nei festival è di circa 400 milioni di euro e genera un giro d’affari stimato in 1,5 miliardi di euro. Le manifestazioni, gestite con particolare attenzione agli impatti economici, hanno un rapporto di 1 a 7: se si investe 1000 euro se ne incassano 7000 mila. Il costo è variabile: si va dai 50 mila euro nel 34% dei casi a oltre 2 milioni nel 4,76%. Cifre molto diverse e spese in modo diverso. Poiché sono stati 927 i festival censiti nel 2009, si può sostenere che vi sono altrettanti manager di eventi che, potenzialmente, possono svolgere un lavoro imprenditoriale con cui vivere nel corso dell’anno. Ma è altrettanto vero che essi sono i nodi di una rete: il festival ha successo perché è collegato alla pubblica amministrazione, alla sicurezza dei partecipanti, alla gastronomia e ai ristoranti, al pronto soccorso/ospedale, ecc. I manager di eventi sono anche professionisti dello sviluppo turistico locale perché la manifestazione è anche una risorsa locale e un medium del territorio (Costa, 2005). Queste figure professionali possono incrementare gli incassi se sanno cooperare con gli operatori turistici, massimizzando i vantaggi del festival per l’economia della destinazione. E offrire un’immagine coordinata della destinazione, presentata e ri-presentata nella sua diversità. Così non succede. Spesso il festival è un’occasione mancata per potenziare l’unicità, la qualità e l’appeal della destinazione.
Quale il ruolo della comunicazione e dei professionisti delle relazioni pubbliche nel settore?
La dimensione comunicativa in un festival è trasversale e fondamentale.
Possiamo creare uno spettacolo straordinario ed unico ma se non sappiamo comunicarlo nel modo più efficace è come se non lo avessimo fatto. L’evento Festival è comunicazione nel senso che attiva relazioni, rappresenta una cultura e si esprime in forma intergrata. Diversi sono i target e gli obiettivi che devono essere raggiunti, il festival può scegliere di volta in volta lo strumento e la disciplina più funzionale al raggiungimento del risultato. La Comunicazione Istituzionale avrà l’obiettivo di agire sugli Atteggiamenti nei confronti della manifestazione. La Comunicazione Esterna sui Comportamenti di acquisto e la Comunicazione Interna sulla Motivazione dello Staff. La Comunicazione diventa quindi importante per il supporto delle attività di marketing, determinante nelle azioni di lobbying ed essenziale per le operazioni di grosso impegno finanziario, come nei casi del fundraising. La corretta impostazione dell’attività di comunicazione ha un ruolo cruciale per la riuscita degli eventi, ma non sempre è in grado di assicurarla.
Un festival culturale di qualsiasi tipo – cinematografico, musicale, culturale, teatrale, scientifico – è promosso da un’èlite politica e intellettuale con obiettivi connessi alla qualità della divulgazione disciplinare di riferimento e al successo mediatico. Per misurarne il successo, la rassegna stampa costituisce il principale indicatore. Le relazioni pubbliche sono interne a circuiti dei politici, che immettono le risorse finanziarie pubbliche e garantiscono con il patrocinio la serietà del fund raising, degli artisti, che vengono scelti dalla direzione creativa in base a valutazioni estetiche, e dei giornalisti, che formulano giudizi di merito sulla carta stampata e in televisione e contribuiscono alla promozione.
Se hai avuto modo di affrontarlo qual è il ruolo dei festival nel marketing territoriale e nella promozione turistica?
I festival possono essere a pieno titolo utilizzati come strumenti di rafforzamento dell’identità locale e di diffusione della stessa attraverso le rappresentazioni che di esse e del luogo che li ospita se ne fanno i visitors e i locali stessi. I Festival nella loro evoluzione sono diventati, per le loro caratteristiche di breve durata – flessibilità – tematicità, anche strumenti della progettazione culturale sul territorio, acquisendo importanti funzioni sociali per la comunità che li ospita. Questo implica: una forte interconnessione con il rilancio di aree industriali dismesse, la valorizzazione di siti archeologici e storici, l’abbinamento con le politiche di crescita e regolazione dei flussi turistici (Costa N. 2005 e Ferrari S. 2002) (1), la creazione di un indotto economico collaterale (Guerzoni 2008) (2), la capacità di dialogare e rispondere alle richieste di enti locali ed aziende private (Argano 2006) (3). Queste nuove valenze hanno favorito sicuramente l’attuale proliferazione dei Festival. In questo libro ho cercato di dimostrare l’importanza che il Comitato Promotore di un Festival chieda espressamente di essere inserito nella programmazione turistica, nel piano di marketing territoriale per il turismo. Anche se ciò appare un limite alla sua creatività, che non dovrebbe avere limiti, il manager degli eventi è socialmente responsabile, agisce da facilitatore dei processi aggregativi, contribuisce alla qualità complessiva dei luoghi di cui l’evento è rafforzativo e specificante. Infatti, il nuovo ceto medio internazionale, che fa della mobilità una pratica quotidiana, non è attratto soltanto dal core service dell’evento, ma anche dalle risorse secondarie che trasformano la destinazione nella ‘sua’ destinazione, in centro ‘elettivo’ preferito ad altri centri ‘elettivi’.
I festival sono esplosi come numero negli ultimi anni forse senza una pari crescita in qualità. Credi che nel futuro prossimo assisteremo a una ristrutturaizone del settore?
Con il termine Festival vengono spesso associate realtà molto diverse tra loro (fiere, congressi, sagre, concerti etc.) generando a volte confusione e superficialità d’analisi. Per restringere il campo d’indagine per Festival abbiamo inteso una manifestazione con una continuità storica, un preciso tema culturale, eventi concentrati in un tempo e luogo precisi. La mortalità dei festival è spesso dovuta alla mancata programmazione come risorsa turistica. Di qui l’opportunità di attribuire alla variabile manageriale in chiave turistica un ruolo importante per valutare gli effetti economici di un festival e prendere motivate decisione su come progettarlo con razionalità e lungimiranza. Il processo di programmazione, come osserva Ryan (2002) (4) , parte dalla capacità di interpretare l’esperienza dei visitatori allo scopo di verificare se esistono o meno gli elementi dell’offerta che incontrano tale esperienza. Per decidere i miglioramenti turistici da apportare alla location, il manager del festival chiede che un sociologo del turismo lo aiuti ad organizzare focus group con gli operatori turistici per testare i singoli progetti o interventi che risolvono le criticità per prendere, insieme, decisioni congiunte. Il riallineamento dell’offerta consente di attrarre e deliziare i visitors con capacità di spesa medio-alta, gestire gli effetti positivi del festival e ridurre le diseconomie esterne. Con il mio libro ho cercato di raccogliere tecniche e metodi di analisi e di gestione, osservati nelle eccellenze organizzative del settore, che possono diventare un’ottima cassetta degli attrezzi per la progettazione culturale di un festival in questo senso.
Tu ti sei occupata di festival in prima persona… Cosa ti ha spinto ad approfodire questo tema?
L’interesse della ricerca sul fenomeno dei Festival è nata 5 anni fa (2005) quando in sede di dottorato in Scienze della Comunicazione (La Sapienza) insieme al Prof. De Masi, che era il mio tutor, decisi di scegliere come oggetto di ricerca per la mia tesi di dottorato quello che mi sembrava essere uno dei fenomeni comunicativi contemporanei più affascinanti e più rappresentativi dell’odierna società postindustriale. Scelsi di analizzare i FESTIVAL. Terminato il dottorato nel 2008, ho dedicato altri due anni ad approfondire questo interessante fenomeno, applicando e sperimentando i risultati delle mie ricerche nella sezione giovani del Ravello Festival Clipmusic, da me ideata nel 2005, e nella Scuola di Formazione in Management Culturale “Lisa Mascolo” di Ravello. I dati che avevo analizzato dimostravano che in Italia si stava registrando una crescita esponenziale del fenomeno festival, ma se molti erano gli studi nazionali ed internazionali sul marketing (analisi dei pubblici) e sull’impatto economico – turistico sul territorio, pochi quelli sulla dimensione organizzativa manageriale che consente ai casi di eccellenza di avere successo. Ho quindi cercato di rispondere a questa domanda: Quali sono gli strumenti organizzativi che consentono ai festival di diventare motore di sviluppo sociale, culturale e anche economico? Spero quindi che il mio libro diventi un “libro di servizio” da utilizzare per creare nuove esperienze culturali di qualità.

(1) Costa N., I professionisti dello sviluppo turistico locale, Hoepli, Milano, 2005.
Ferrari S., Event Marketing: i grandi eventi e gli eventi speciali come strumenti di marketing, Padova, CEDAM, 2002.
(2) Guerzoni G., Effetto Festival, L’impatto economico dei festival di approfondimento culturale, Strumenti, Fondazione Eventi – Fondazione Carispe, Milano 2008.
(3) Argano L., Bollo A., Vivalda C., Gli eventi culturali, Franco Angeli, Milano, 2006.
(4) Ryan C. (a cura di), The tourist experience, Continuum, Londra, 2002.

giovedì 6 maggio 2010

PR ITALIA - REPETITA IUVANT

Adam Singer, digital marketing account manager di TopRank® Online Marketing, scrive un post su ComPRehension in cui spiega come e perché i professionisti delle relazioni pubbliche dovrebbero inserire nella propria strategia di comunicazione un uso efficace dei social media. 

La prova che non si possa ormai prescindere dalla dimensione 'social' per raggiungere consumatori, media e business buyer è, per Singer, nei numeri:
- Più di 400 milioni di consumatori sono attualmente attivi su Facebook; poco meno di 106 milioni hanno un account Twitter.
- 91% dei 'business buyer' legge blog, guarda video virali creati dagli utenti e prende parte ai social media, secondo una ricerca di Forrester Research.
-89% dei giornalisti utilizza i blog per trovare spunti per le storie dei propri articoli e il 65% utilizza social network, stando a uno studio di Cision e George Washinghton University.

Afferma Singer che "attirare" le relazioni pubbliche è diventato oggi più importante che "spingerle".
Che vuol dire?


Quando i professionisti delle RP pubblicano contenuti, diventano loro stessi fonti di informazioni e abbracciano una strategia "pull" volta ad attirare l'attenzione di tutti gli altri tipi di media.

I social media permettono ai relatori pubblici di lavorare in maniera  strategica e trasformare il proprio lavoro passando dall'attività prevalente dello "spingere" (una notizia, un brand) a quella di "attrarre" (l'interesse per la notizia, per il brand).

Un'efficace strategia di RP sui social media può dunque:

1)Creare autenticità e definire la personalità: con tante aziende online prive di volto, consumatori e committenti desiderano scoprire una forma di autenticità nel brand con cui comunicano.
 I social network permettono ai PR di parlare con i clienti, costruendo relazioni durature e legami significativi, che permettono alle aziende di emergere rispetto ai competitor.

2)Rendere il brand un punto di riferimento: una volta che l'importanza di un brand viene riconosciuta, può beneficiare di link, menzioni e attenzione, perché viene visto come una fonte di riferimento per il Web, esso stesso referenziale.

3)Beneficiare del vantaggio di un pieno consenso: con lo sviluppo e la crescita di una comunità composta da utenti che hanno deciso di farne parte, si hanno relazioni e risultati molto più positivi di quelli procurati da una pubblicità invadente e imposta. Messaggi anticipati e rilevanti sono molto più piacevoli da leggere, condividere e commentare che il vecchio metodo del "diffondi e prega" ("spray and pray").  

Ma come creare una efficace stragetegia PR sui social media? Questi i suggerimenti di Singer:

1)Includere un sistema di Search Engine Optimization (SEO): i motori di ricerca convogliano il 'contenuto sociale' in un risultato organico, che include i tweet di Twitter, i post sui blog e si aggiorna tramite altri servizi in tempo reale.

2)Essere 'agnostici' rispetto alle piattaforme. Infatti la strategia non riguarda tanto gli strumenti, quanto le tattiche che vengono adottate. Bisogna dunque concentrare l'attenzione sull'essere conosciuti come leader per  una nicchia di consumatori a un macro-livello.
Questo è un approccio potente e a lungo termine: se la storia del Web ci ha insegnato qualcosa, è che i network vanno e vengono, ma i leader rimangono.

3)Impegnarsi a lungo. Le tattiche 'social' più efficaci possono produrre risultati immediati. Ma una singola tattica di successo non è necessariamente indicatore di una crescita sostenibile. I relatori pubblici dovrebbero impegnarsi in strategie continuative e metodiche programmate su tempi lunghi.


Se la strategia sui social media è solida, darà risultati e fornirà ritorni sempre crescenti.

Nuovo blog

Dal 2 gennaio pubblico i miei post su  https://pranista.blog/