Da tempo mi chiedo quale tipologia di soggetto socio-economico e in particolare quale figura professionale debba occuparsi del marketing territoriale. Ad un primo sguardo questo ruolo è stato assunto dalle Camere di Commercio con le loro aziende speciali e/o dagli enti terrritoriali preposti alla valorizzazione del turismo e dell'attrazione di investimenti. Attorno ad esso però c'è una congerie di attori che spinge ognuno nella sua direzione: le camere di commercio solitamente rappresentano i principali interessi economici del territorio; poi ci sono gli enti pubblici che spesso rappresentano più gli interessi di partito (quindi la ricerca del consenso) che il bene pubblico; poi ancora albergatori, ristoratori e soggetti dell'indotto turistico; produttori dell'agroalimentare di qualità con consorzi & co.; costruttori&cementisti; enti della cultura; aziende universitarie; e così via.
Insomma ad occuparsene sono tanti. Ma chi deve decidere le linee guid del marketing del territorio? Chi deve decidere se la vocazione di un determinato territorio per il 21° secolo sarà il turismo termale o l'insediamento di una metropoli del gioco d'azzardo?
Partiamo dal presupposto che l'Italia è capitalismo di territori (cfr. Aldo Bonomi e Aaster) e che proprio lì possiamo valorizzare il nostro paese, ma che non dobbiamo violentarne l'ecologia in senso ampio.
A questo proposito dovrebbe venire in aiuto la Geografia. Materia solitamente confinata nelle ore di scuola meno importanti, la geografia critica è invece in grado di aiutarci a riflettere sul territorio, sulla sua rappresentazione, sull'evoluzione storica dei territori. La Geografia in quanto scienza che studia la rappresentazione/scrittura del mondo (gea=terra; grafia=scrittura) è parente assai stretta della scienza della comunicazione, come appare evidente dal bellissimo (non-facile) libro Geografia di Franco Farinelli prof. di geografia e direttore (non per caso) di Scienze della Comunicazione all'Università di Bologna.
Sono convinto che solo dal confronto tra geografi, urbanisti, economisti, comunicatori, politici, può uscire un dialogo efficace e non dannoso per i nostri territori. Purtroppo capita invece di ascoltare anche validi esponenti di ognuna di queste categoria parlare di mkt territoriale come sua prerogativa, ignorando completamente l'apporto che le altre materie potrebbero efficaciemente offrire.
Il rischio è una kotlerizzazione del territorio. Che forse negli States e in altri paesi può funzionare, ma in Italia no.
Da leggere per noi comunicatori che ci occupiamo di comunicare i territori:
Geografia di F. Farinelli;
La città infinita di A. Bonomi. + vari altri, tra cui scaricabile La Forza dei territori nella globalizzazione dal sito della Fondazione Symbola.
Da leggere senza farne una bibbia:
"Marketing Places Attracting Investment, Industry and Tourism to Cities, States and Nations" di P. Kotler e altri;
"Brand America. The mother of all brands", S. Anholt e altri. Di Anholt che ha creato il Nation Brand Index si occupano diversi siti web.
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