venerdì 7 marzo 2008

Mimosa Pranista

Le donne non fanno più lobbying in Italia. Oltre a vivere una situazione nazionale di fatto discriminante nei confronti del loro genere negli ultimi mesi si è assistito ad un progressivo tentativo di erodere diritti acquisiti e libertà basilari, senza che si generasse alcun dibattito in merito.
La domanda che m'interessa porre è: perché un gruppo sociale quantitativamente, culturalmente e anche economicamente elevato non è in grado di fare lobbying? Che ricaduta ha sulla società il ricco filone di studi di genere femminista? Perché è relegato a pochi studi sociali di genere (cfr. Rosi Braidotti) in Italia peraltro quasi o nulla considerati?
Qualche numero fa il magazine Ferpi ha dedicato un bello speciale alle donne e alla comunicazione. Peccato che come sottolineava una collega uno dei principali strumenti si chiami Uomini& comunicazione. Solo linguaggio forse... ma il linguaggio nella discriminazione è anche sostanza.
Nei partiti ci sono quote rosa, candidate anche molto valide, la futura presidente di Confindustria sarà donna, ma nelle statistiche la discriminazione di genere è ancora micidiale (cfr, questo blog: Cambiamondo). 
Festeggiamo l'8 marzo per ricordare l'8 marzo 1908, 100 anni fa, in cui morirono 129 operaie in una fabbrica tessile di New York. Domani 8 marzo ci sono decine di iniziative (e centinaia di spogliarelli) per ricordare questa data. Se l'UDI non è più rappresentativa, fondate una (cento) altra lobby... senza aspettare un'altra Wonder Woman Luxemburg.

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