sabato 29 novembre 2008

Un anno di Pranista

Oggi questo blog compie un anno. Il primo post "Non dite a mia madre che faccio il... Pranista" risale al 29 novembre 2008. Il blog divenne effettivamente pubblico solo un mese più tardi con l'accessibilità e la visibilità a tutti, insieme a un piccolo lavoro di mail mirato ad altri blog, colleghi e amici.
In un anno Pranista ha raggiunto una media di 40 visite al giorno, numerose citazioni e pubblicazioni su siti e blog di comunicazione, un ottimo posizionamento su google.
Oggi in considerazione di diversi fattori che partono dall'invecchiamento dello strumento blog e arrivano all'attuale situazione economica generale e di settore, ho deciso di cambiare registro: Pranista diventerà un mezzo di più agile consultazione molto integrato ai circuiti sociali professionali e godrà di una promozione più sistematica, cosa che ad oggi non ho ancora fatto.
Con l'obiettivo di dare spunti di riflessione, offrire contenuti di qualità e proporre punti di vista alternativi al main stream comunicativo.



mercoledì 26 novembre 2008

Web 2.0: un'arma in più contro la crisi?

Leggo con interesse gli interventi del collega Stancapiano e di Stefano Mosetti su Ferpi.it (che ahimé non mi pubblica più da qualche mese) e la nascita del gruppo Ferpi dedicato ai social media... cui mi corro ad iscrivere. Poi scorro le notizie del sito Ferpi quasi ormai interamente dedicato al web 2.0.

In un anno l'argomento 2.0 è ormai diventato dominante anche nel dibattito delle rp e della comunicazione: anche ieri sera incontrando un professionista di altissimo livello di marketing turistico nazionale/internazionale ci siamo soffermati sull'uso di YouTube e social network per generare buzz, eccetera eccetera.
Tanti poi indicano, giustamente, a possibilità di utilizzare il 2.0 come strumento di comunicazione low budget e anticrisi.
Mi trovo completamente d'accordo, ma riprendendo anche alcuni degli ultimi post mi preme affermare proprio in questo sistema iperframmentato la crescente importanza dei gatekeeper dell'informazione che dettano l'agenda anche al sistema dei social network. Gatekeeper dell'informazione che oggi sono sempre più decisivi e articolati su dimensioni geografiche e tematiche particolari... da continuare.


lunedì 24 novembre 2008

Paura & Delirio a Las Medias

Torno sull'argomento che avevo postato qualche tempo fa (in relazione a un intervento di TMF), stimolato dal bell'articolo uscito ieri su Repubblica a cura di Ilvo Diamanti Come si fabbrica l'insicurezza collegato al rapporto Demos sull'insicurezza uscito nei giorni scorsi...
Sono sempre più convinto del fatto che dobbiamo confrontarci con un corpo sociale globale costituito da diverse opinioni pubbliche, che seguono da un lato stimoli sempre più semplificati (paura e euforia) ben orchestrabili tramite gli old-mass-media (TV generalista e giornali pop) e dall'altro sono sempre più spezzettati in singoli segmenti/target/nicchie difficili da controllare ma facilissime da raggiungere (web 2.0, radio, microzines).

Tenendo presenti gli insegnamenti dell'agenda setting, applicata al panorama infomediatico odierno paradossalmente mi trovo ad essere sempre più convinto che l'old media TV torni ad essere sempre più importante a livello macro.

Mentre i micro livelli di comunicazione infatti possono permettersi di stravolgere le idee dell'opinione dominante, permettendo anche fortissimi flussi di identificazione (fino ad arrivare a microgruppi estremisti o iperfocalizzati) il macrolivello è dominato da input irrazionali che escono dalla TV. Anche in senso positivo si badi: basti pensare all'influenza che hanno certe inchieste di Report o le denunce di Striscia sull'agenda pubblica.


Il fatto che oggi il rapporto Demos dica che gli italiani non percepiscono più insicurezza da criminalità è un dato eclatante. Non si tratta del fatto che gli italiani siano più sicuri oggettivamente, ma che una certa idea di insicurezza/sicurezza basata sul luogo comune dell'immigrato-delinquente oggi non passa più di continuo sul media televisivo. Oggi stradomina l'emergenza crisi economica che si avviluppa su di sé sempre di più (come prima il binomio insicurezza-intolleranza) creando anche output reali: vendita di azioni, alibi per casse integrazioni più o meno giustificate, dilazione dei pagamenti, ecc.

Quale il ruolo del comunicatore? Oggi si divarica sempre più il ruolo dello spin doctor e del comunicatore: non possiamo non cercare di rafforzare la legittimazione del ruolo del comunicatore etico - socialmente responsabile. Il comunicatore etico dovrebbe evitare di utilizzare le emergenze, dovrebbe cercare di ascoltare i propri pubblici, dialogando con l'azienda e generando spirali virtuose.

Lo spin doctor invece continuerà a cavalcare l'emergenza come strumento di influenza sui media old & new.

mercoledì 19 novembre 2008

PROPAGANDA - Edward Bernays

Su Pranista (in basso a destra) alcuni video correlati a Bernays, ma ora esce il libro Propaganda. Insieme a quello di Toni e al libro di Anselmi (Il Barbiere di Stalin) saranno piacevoli letture/visure natalizie.

Segnalo l'uscita di "PROPAGANDA" di Edward Louis Bernays un classico, libro fondamentale per la professione delle Relazioni Pubbliche.
Fausto Lupetti Editore - Cultura della comunicazione

martedì 18 novembre 2008

Su e giù per Termini Hills


Ieri mattina sono arrivato a Roma in treno verso le 10... Scendo dal treno col collega e andiamo a rendere un caffé. Ohibò mi accorgo di aver dimenticato il trolley sul treno mentre sono al banco e allora mi precipito in carrozza. Gli addetti alle pulizie mi dicono che il macchinista ha già preso giù la mia borsa e l'ha portata alla Polfer. Vado alla Polfer. Lì non c'è e il pulotto chiama gentilmente l'assistenza clienti. Neppure lì.
Probabilmente la staranno portando. 
Avendo cose da fare rimando alla sera il ritiro del trolley. Torno verso le sette e trenta.
Vado in assistenza clienti - binario 5. Faccio la fila. Non c'è. Probabilmente l'hanno portata al deposito bagagli, a volte lo fanno.
Vado al deposito bagagli. Faccio la fila. Ma cosa dicono quei cretini. Loro devono dare i talloncini. Vai all'assistenza clienti de binario 1.
Non c'è assistenza clienti - binario 1, ma c'è una sala viaggiatori. Chiedo ai due responsabili di sala, presi in una discussione loro. Non hanno idea. Dovrebbe essere all'assistenza clienti, altrimenti ahìnoi... sa come è?! 
Non potrebbero averla portata alla Polfer chiedo?
Sì ci provi.
Vado alla Polfer. E mentre vado alla Polfer vedo sotto la scrivania dell'ufficio direzione movimento interno un trolley. Entro e chiedo all'unica persona all'interno. Scusi, quest trolley è stato trovato sul treno Venezia-Roma delle 10 arrivato al binario 1?, chiedo...
Sì, l'ho trovato io, con un signore...
Ma non dovrebbe essere all'assistenza clienti o al limite alla Polfer?
Lasci perdere quei posti... non si trova nulla. L'ho messo qui in bell'evidenza così chi l'aveva perso sicuramente sarebbe passato qui davanti a binario 1.
Grazie mille, posso prenderlo? Vuole che le dica cosa c'è all'interno.
No no, prenda pure... tanto mi sembra che sia quasi vuoto.

Lo prendo e vado. C'è tutto dentro. Allora penso. Il macchinista è stato gentile, ma devo dirlo se voglio far qualcosa e non solo lamentarmi di questo paese e dei suoi disservizi. Vado all'assistenza clienti. Ci sono 8 persone in fila. Non ce la faccio, sono le otto e mezza... torno in hotel. Viva l'Italia. Ma così non va. Chi vive di servizi (utilizzandoli e offrendoli)  in questo paese è troppo penalizzato. 

venerdì 14 novembre 2008

Calma prima della tempesta

Penso a un caso di questi giorni della mia regione, anzi di fianco a casa mia.
Un'azienda di eccellenza del settore meccanico che recentemente è stata acquisita da una grossa multinazionale e che a squilli di fanfare annunciava nei mesi scorsi contratti e commesse in tutto il mondo.
Oggi con oltre due terzi degli operai in cassa integrazione, tutti gli articoli di giornale, le interviste e i bilanci trionfali di qualche mese fa che cosa significano? Cosa significano quando il territorio circostante risentirà di una crisi che può investire circa 1000 famiglie?
E' interessante, perché il lavoro dell'addetto stampa (un mio amico) era stato notevole: articoli, interviste, ecc. Tanto che ad esempio io stesso fino a qualche giorno fa non sapevo nulla di questa crisi e anzi pensavo all'azienda come una delle migliori della zona, mentre oltre 800 operai erano già in cassa integrazione. Invece parlando con gente del luogo era emerso che c'era un grosso problema, ecc.ecc.
Parlandone al di fuori della zona ho verificato in questi giorni che la percezione dell'azienda è tutt'ora ottima.
Questo scollamento tra percezione (indotta anche da un ottimo lavoro di un nostro collega PR) e realtà non è destinato a creare una frattura fra reputazione dell'azienda, credibilità della dirigenza e autorevolezza/indipendenza dei giornali?
Mi sembra qualcosa di simile allo stato pre-crisi-derivati dei mercati finanziari mondiali. Calma prima della tempesta... con un concorso di colpe delle PR o un mancato flusso corretto di informazioni da parte del management?
Che a cascata crea un disastro reputazionale impressionante che coinvolge dipendenti e famiglie, territorio e istituzionai locali, indotto e fornitori, ecc. ecc.

venerdì 7 novembre 2008

Prendo lo spunto da un commento di TMF su Ferpi.it riguardo alla crisi e a come le RP debbano intervenire e possano aiutare, per un appunto sui temi della paura e della fiducia che mi sembrano centrali nel sistema nervoso mediale di oggi.
Toni riprende due interventi di Garbagnati e Phillips:
"Entrambi però convergono nel ritenere che: La crisi è globale. La crisi è duratura. La crisi investe tutta l’economia, il sociale e il politico..."
"...lo strappo intervenuto dei nostri concetti di tempo e di spazio dovuto all’avvento e alla diffusione pervasiva delle tecnologie ICT ha alimentato e prodotto la globalizzazione..."
"Se però parliamo di discontinuità non possiamo certo farla nascere nei mesi scorsi, ma dobbiamo risalire alle origini che sono, per l’appunto, rintracciabili in quella rivoluzione tecnologica."

La soluzione alla crisi individuata da Toni riguarda l'integrazione di due certezze individuate dalla ricerca delle RP. Le due certezze delle RP sono:
a- il paradigma generale di riferimento non può che essere quello dei principi generici e delle applicazioni specifiche di cui abbiamo qui più volte scritto;
b- il modello organizzativo non può che essere quello del ‘governo delle relazioni’ di cui parla David Phillips qui sopra, e che da diversi anni rappresenta uno dei filoni di maggiore tematizzazione di questo sito.
Completamente d'accordo su entrambi i punti aggiungo che le RP (e il professionista di comunicazione) debbano oggi confrontarsi sempre più con una forma di schizofrenia sociale che impaurisce il nostro committente a cui dobbiamo dare strumenti per relazionarsi con fiducia: strumenti di ascolto e rilevazione da un lato; strumenti di relazione e comunicazione dall'altro.

Mi pare di assistere ad una mutazione generale dell'opinione pubblica non solo in tanti pubblici, ma iuttosto in un vero e proprio sistema nervoso che in un momento di discontinuità reagisce schizofrenicamente agli input mediali alternandosi su due poli opposti: euforia e paura. Torri gemelle da un lato, Obama dall'altro. Terrorismo, euforia finanziaria.

Trattandosi, credo, di un problema di relazione e di gestione delle relazioni, le RP sono chiamate a dare un apporto fondamentale alle organizzazioni (aziende e enti pubblici). Allo stesso tempo soprattutto nella fase di consulenza il nostro ascolto non dovrebbe sfociare nella psicoterapia, anche se ultimamente...

mercoledì 5 novembre 2008

E adesso... tutti sul Carro! E soprattutto... avanti coi Carri!

Riesco a stupirmi tutte le volte dell'italica capacità di saltare al volo sul carro del vincitore.
Ora è vero che Bush ha stracciato le balle al mondo intiero, ma vedere che da un giorno all'altro sono tutti interessati alla politica americana, tutti obanisti (cambio con sostituzione di lettera: occhio non è uno scarto né una zeppa), tutti filoamericani perché l'Ammeriga è un grande paese... ecc.ecc.
Forse c'era anche una gran voglia di sognare... e con un afroamericano alla casablanca vien da sé. Bene. Torni l'America ad essere il brand più amato del mondo e saremo riconoscenti tutti a Obama.
A livello comunicativo e psicosociale dovremo invece riflettere su questo corpo mediale-globale che è l'opinione pubblica mondo (media+ web2.0+ opinionleader+) e che si muove molto prevedibilmente quasi fosse una persona vera e propria con un pensiero unico e istantaneo: schizzofrenica sui mercati finanziari, impaurita e sfiduciata dalle crisi economiche, pessimista e declinante quando si parla di recessione, euforica e drogata dall'isteria mediale.
Servirebbe un Cynar.

martedì 4 novembre 2008

Bai bai Buz jr... brand destruens!

Oggi finisce l'incubush. Non dei poveri irakeni bombardati, non del mondo muslim caldo e inkazzeto, non del rest of the world. Finisce l'incubush, dal punto di vista comunicativo, di chi ha visto demolire il Brand America in un paio di mandati presidenziali.

Se anche prima di Dabel Iù le bandiere venivano bruciate, oggi consultando gli index di nation-branding ed altre amenità sulla popolarità del marchio America, si scopre senza troppe sorprese quanto le stelle e strisce siano detestate trasversalmente da est a ovest e nei sud del mondo, con imbarazzanti situazioni in americalatina. Chi se li dimentica più: Paul Wolfowitz, Donald Rumsfeld, Dick Cheney, gli attacchi di Carl Rove...


Auguri a chi vincerà... dopo la part destruens, abbiamo tanto bisogno di una part construens. Ben sapendo che un candidato sarebbe sicuramente mejo...



sabato 1 novembre 2008

Promuovere il turismo è roba da comunicatori

Mi è capitato ieri di seguire un convegno sul turismo in Campania in cui, a parte questa (eufemisticamente) "bizzarra" associazione di ex-consiglieri e di ex-parlamentari campani, c'è stato l'intervento di Velardi, l'ex spin doctor di D'Alema ora assessore al turismo della Regione Campania.
E' la prima volta che in un appuntamento pubblico ho sentito parlare un assessore di strategie concrete, azioni, politiche di marketing... insomma una visione precisa, da comunicatore/markettaro applicata al governo di un territorio su un settore specifico.
E' stato davvero un piacere anche sentire tutta l'opera di razionalizzazione ma la cosa più bella è stato dopo incontrare lo staff di Velardi, composto da ragazzi giovani (tra i 25-35 anni, quindi giovani davvero) entusiasti e impegnati a cercare di cambiare e innovare.

Una delle idee più intriganti è quella per cui i giornali campani lo stanno un po' prendendo in giro: trasformare la baia domiziana nella Sharm d'Italia. Un'ottima idea per me - anche se politicamente scorretta soprattutto per la sua parte - e (anche se l'ha definita un sogno per ora) legata al recupero di una zona degradata a livello paesistico ma anche sociale e civile, che dovrebbe prevedere investimenti importanti da parte di società immobiliare internazionali e che potrebbe aiutare a contrastare l'influenza camorristica sulla zona. 
Importante poi il fatto che abbia riconosciuto come la strategia di promozione internazionale vada gestita non a livello regionale ma nazionale, con una serie di deleghe a cerchi concentrici a seconda dei target/mercati da raggiungere e dei prodotti da comunicare. In pratica tutto ciò che oggi non si fa e che ci lascia di sasso quando troviamo improbabili aziende turistiche localia promuoversi in mercati lontani o in fiere internazionali del turismo che necessitano di massicce risorse e di brand territoriali di un certa potenza. 
Chiudo con una domanda... ma del marchio Italia non se ne parla più?


Nuovo blog

Dal 2 gennaio pubblico i miei post su  https://pranista.blog/