martedì 17 novembre 2009

Alessia Bianchi. 10 risposte per 10 situazioni

50 volti della Comunicazione
50 autoritratti contemporanei

“Faccio cose, vedo gente...”,
questo è quello che rispondo quando mi chiedono che lavoro faccio. Perché? Avete mai provato a spiegare a un non-comunicatore cosa fa un comunicatore? Dopo anni e anni di tentativi ci ho rinunciato e adesso, a seconda di chi me lo chiede, scelgo tra le tante risposte pre-confezionate:
  • per mia suocera “faccio (nemmeno mi occupo) la pubblicità”semplice, ma chiaro;
  • per i miei amici che fanno tutt’altro nella vita, ma usano la tecnologia “faccio (idem come sopra) siti web” – troppo difficile spiegare la differenza tra occuparsi dei contenuti, della grafica;
  • per quelli che sono invidiosi di tutto “partecipo a eventi esclusivi” – non sanno che non mi invitano per la mia bella faccia, ma che per essere li magari ci sono voluti anni di attività di PR;
  • per quelli che fanno gli intellettuali “scrivo sui giornali” – tanto è vero, spesso i giornalisti copiano e incollano (non me ne vogliate, purtroppo mi è successo più volte).

Ma cosa faccio in realtà? Tutto quello sopra, ma in modo un po’ diverso. Ve lo racconto prendendolo dal mio cv:

Marketing & Communication Manager:

Italia:

  • marketing di prodotto – studio e implementazione delle strategie di marketing a supporto della forza vendita – utilizzo di una strategia integrata su vari mezzi: stampa, web, fiere…
  • comunicazione corporate e di prodotto attraverso: media partnership, ufficio stampa, fiere, direct marketing…

Estero:

  • Studio delle strategie per la penetrazione nei mercati target, preparazione del materiale di comunicazione, organizzazione di eventi (roadshow internazionali), relazioni con gli opinion leader locali, media relations.

Avete capito perché ho il booklet delle “10 risposte per 10 situazioni”?

Condividerete con me che nel raccontare il nostro lavoro sono poche le volte in cui abbiamo soddisfazione e la gente non pensa “eh va beh, cosa ci vuole....

Finalmente oggi nel raccontarlo a voi, anche se non vi conosco, ho provato questa bella e rara sensazione.

Per contattarmi:

e-mail: alessiabianc(@)libero.it

Skype: alessia.bianchi1

Facebook: Alessia Bianchi

lunedì 16 novembre 2009

Sputa il rospo... cittadino!

Sembra una bella iniziativa di Comunicazione Pubblica quella proposta dal Comune di San Martino in Strada, in provincia di Lodi, che è si riempito di rospi rossi, sui prati, vicino alle scuole e alle chiese, nelle piazze e nelle strade, persino nei centri commerciali.
E anche sulle bacheche ecco delinearsi le sagome dei ranocchi sui manifesti. I rospi appaiono ovunque. Non è chiaro chi li ha messi lì.
Una campagna teaser che viene analizzata su Comunicatori Pubblici
La seconda parte della campagna “Sputa il rospo” (follow up) sarà allora di raccolta di tutte le segnalazioni, i “i rospi in gola”, dei concittadini: il momento per gli amministratori di accettare il rischio, di ascoltare tutti i rospi che gli loro elettori spesso si tengono dentro ma questa volta finiranno per “sputare”, dalle problematiche alle possibili proposte.

sabato 14 novembre 2009

ComunicArchitect: Claudio Silvestrin

Tra chi comunica per mestiere - e spesso ci fa concorrenza - ci sono gli architetti: dagli edifici spettacolari agli arredi di interni, per non parlare del design, la professione dell'architetto si è indiscutibilmente posizionata (nel corso dei secoli) come una delle professioni comunicanti.
Tutti i temi dell'architettura partecipata e del marketing urbano-territoriale emersa prepotentemente in questi anni, investono in pieno strumenti e strategie delle relazioni pubbliche.
Dico questo perché ho avuto il piacere di recensire il libro di un bravissimo architetto, un amico da tempo immemore, Alberto Ferraresi.
La recensione del suo libro “Claudio Silvestrin. Liticità contemporanee. La verità ne La Cava” è pubblicata sul sito Architettura di Pietra diretto al professor Acocella.
Silvestrin, oltre che per lo stile sobrio ed essenziale, è noto per aver realizzato oltre venti punti retails Armani in tutto il mondo, contribuendo in maniera sostanziale a comunicare uno dei brand forti del Made in Italy. L'indagine di Ferraresi ripercorre tutta la carriera di Silvestrin dagli esordi fino a la Cava, labirintica installazione presentata alla fiera Marmomacc nel 2008, ulteriore operazione di comunicazione dell'architetto.

Alberto Ferraresi CLAUDIO SILVESTRIN – Liticità contemporanee. La verità ne La Cava Melfi, Casa Editrice Librìa, 2009, pp. 93

giovedì 12 novembre 2009

MedCom. Partiti!

E' cominciata oggi con la lectio magistralis di John Paluszek, presidente della Global Alliance, all'università di Catania.
MedCom è un'iniziativa promossa da CE.R.RP.MED (Study and Research Centre on Public Relations in the Mediterranean Area) il centro studi fondato da Amanda Jane Succi (in foto) che sta svolgendo un eccellente lavoro di studio sulle Relazioni Pubbliche nell'area del Mediterraneo.
In bocca al lupo per domani e dopodomani. Purtroppo non ci sono fisicamente, ma vi seguo. Buon lavoro.

Stefania Romenti. La Prof.

50 volti della Comunicazione
50 autoritratti contemporanei

Da bambina ero convinta che da grande sarei diventata una maestra. Al liceo una professoressa. All’università che avrei provato (il condizionale è ancora d’obbligo) a diventare una docente universitaria. Di certo posso dire che la determinazione non mi è mai mancata. Dopo la laurea in relazioni pubbliche alla IULM ho provato l’esperienza della consulenza ma in meno di un anno ho cambiato idea. Ho capito che la strada giusta da intraprendere era proprio quella della carriera accademica. 9 anni sono passati: due assegni di ricerca, un dottorato in economia, marketing e comunicazione d’impresa, e alla fine il concorso da ricercatrice all’Università IULM è arrivato. Posso dire di aver già realizzato il mio sogno nel cassetto: dedicare la mia vita allo studio e all’insegnamento.

Penso che il lavoro del ricercatore universitario sia una delle professioni più idealizzate che ci siano. Incontro ogni anno tanti neolaureati il cui sogno è “lavorare in università per fare ricerca”. Alla domanda ma cosa significa per te “lavorare in università per fare ricerca”, scopro che l’immaginazione non ha freni. Per me fare il ricercatore universitario non significa accumulare conoscenza, bensì creare la conoscenza e saperla mettere al servizio di chi può farne buon uso. Di sicuro per le organizzazioni complesse che dalla ricerca in comunicazione possono trarre spunti per costruire le basi del loro successo. E’ proprio in quest’ottica che da più di quattro anni il tema di ricerca che mi sta più a cuore è la misurazione dei risultati della comunicazione. Per aiutare i manager a distinguere la comunicazione efficace da quella che non lo è. Per adattare alla comunicazione leve anche di natura economica, come la tanto vituperata formula del ritorno sull’investimento (ROI).

In questo percorso professionale non posso che avere parole di ringraziamento per il mio maestro, per il ruolo che i suoi insegnamenti hanno avuto nella mia crescita e per le mie scelte, Emanuele Invernizzi. Non dimentico poi nemmeno i consigli che mi ha dato Toni Muzi Falconi che mi ha aiutato a non perdere mai di vista il collegamento con la professione. Certo è che sono stata fortunata. Con due punti di riferimento così, penserete non si può che essere privilegiati. Sì la fortuna l’ho avuta davvero. E quello che c’ho messo io, oltre alla buona volontà e qualche sacrificio, è tanto tanto ascolto. E’ il consiglio che rivolgo sempre a chi è più giovane di me, agli studenti, di ascoltare, ascoltare, ascoltare e saper valorizzare gli insegnamenti che vengono da chi quella strada l’ha percorsa prima di noi, ed è diventato quello che noi vorremmo essere da grandi.

Contatto: stefania.romenti(@)iulm.it

lunedì 9 novembre 2009

Social Media Marketing Maps

Simona Petaccia. Comunicazione: Competenza, Costanza & Curiosità

50 volti della Comunicazione
50 autoritratti contemporanei


"Mai ti è dato un desiderio senza che ti sia dato anche il potere di realizzarlo"
Ritengo che questa frase di Richard Bach sia esatta, ma sono anche convinta che bisogna crederci davvero.

Proprio per questa determinazione ora sono qui, tra i 50 volti scelti da PRanista per rappresentare chi si occupa di informazione e comunicazione in Italia. Solo una persona incosciente avrebbe, infatti, scommesso su di me: donna, disabile e residente in Abruzzo… regione del Bel Paese distante dai centri nevralgici del settore, Roma e Milano.

IO L’HO FATTO !

Un vero azzardo, direi. Il mio desiderio di operare in questo mondo era, però, così forte da farmi rischiare contro tre condizioni che è difficile farsi “perdonare” in un’Italia ancora così incentrata sugli uomini e in cui sembra che tutti debbano essere presenti e perfetti.

Non è stato un caso che io abbia scelto il giornalismo on-line, poiché ho compreso che avrei potuto accorciare le distanze geografiche solo sfruttando l'avvento delle nuove tecnologie digitali che tanto hanno modificato la nostra professione.

Non basta, però, essere on-line per guadagnarsi un proprio spazio nel settore. Ho, di fatto, appreso sul campo che bisogna essere pronti al sacrificio e a una formazione continua per guadagnarsi la stima dei lettori e dei colleghi. Oltre a una ampia competenza, infatti, è indispensabile possedere costanza e tanta curiosità verso ciò che accade nel mondo.

Chi vuole intraprendere questa attività deve chiedersi: "Sono pronto a tutto questo e… per pochi spiccioli?".

È vero, potrebbe non essere sufficiente, ma chi è nato per fare questo lavoro ha il diritto/dovere di provarci … d’altronde: “Impossibilità: una parola che si trova solo nel vocabolario degli stupidi” (Napoleone Bonaparte).

Attualmente, invece, mi pare che molti (non tutti, per carità!): abbiano un’idea romanzata di questo mondo immaginato come fonte di lauti guadagni; non siano forniti della necessaria passione verso quest’attività; ignorino il senso della cosiddetta “gavetta”.

Affermo ciò con amarezza, ma… ascoltando le interviste rilasciate da diversi aspiranti protagonisti di questo settore, ho notato che il termine “comunicazione” è molto abusato e che si pensa a questa professione come a un’attività basata solo su lustrini, lusinghe e spensieratezza.

Pochi giorni fa, ad esempio, ho sorriso quando la bellissima protagonista di un sexy calendario 2010 ha dichiarato in TV che ha scelto di posare perché vuole fare la giornalista e quelle foto possono darle visibilità. Spero che stesse scherzando, ma lo dubito fortemente anche perché ho spesso sentito etichettare “Addetti alle Pubbliche Relazioni” quei ragazzi che lavorano per intercettare i possibili utenti di una discoteca, “Addetti Stampa” quei giovani che si trasformano in un punto interrogativo se gli chiedi una cartella stampa ecc.

Temo che ci sia troppa confusione e che si sbagli nel considerare l’attività di giornalista e di comunicatore come un qualcosa da poter improvvisare.

Per contattare Simona Petaccia:
Web: http://simonapetaccia.blog.dada.net
E-mail: spetacc71@supereva.it
Facebook: Simona Petaccia

domenica 8 novembre 2009

E il cielo è sempre più Black... PR

Saranno sempre di più. Da Sircana a Cosimo Mele, da Max Mosley alla D'Addario, da Noemi a Marrazzo, il futuro prossimo venturo è scritto: Black PR.

L'equazione è multipla ma semplice:
  • video/info-controllo globale e permanente, conseguenza diretta di tecnologie sempre più evolute, più nano, più diffuse, più economiche;
  • crisi dei media tradizionali e quindi ossessiva ricerca dello SCOOP
  • impoverimento della professione giornalistica tradizionale
  • innalzamento della soglia di attenzione del lettore/spettatore
  • personalizzazione della competizione per la ricerca del consenso (elettorale, manageriale, consumistico) e conseguente utilizzo di strumenti per danneggiare gli avversari
Tutto porta a pensare che aumenteranno sempre di più i casi di scandali sexy, aiutati da operatori dell'info-comunicazione (sarebbe interessante indagare la convergenza tra agenzie investigative e/o d'informazione, ag. di comunicazione, press agent, paparazzi, ecc.) la necessità di materiale video/fotografico per i navigatori vouyeristi (basti pensare a Repubblica.it che ha visto crollare i click da quando ha tolto le gallerie di immagini sexy in home page). Sembra che gli unici a non rendersene conto siano proprio i protagonisti della vita pubblica cascati negli ultimi scandali, come pisquamoni direbbero dalle mie parti.
Il lato positivo è che l'aumentata vulnerabilità impone una maggiore trasparenza e comportamenti più corretti. Non è possibile ormai per un uomo/donna pubblico/a pensare di rinchiudere la propria vita privata in un torrione di segretezza.
Quindi l'invito agli uomini pubblici, senza alcun riferimento a Marrazzo, è: scegliete la Retta Via.

venerdì 6 novembre 2009

Natural Born Clickers

L'8% dei navigatori clicca sull'85% delle pubblicità online. La ricerca "Natural Born Clickers" di Starcom e comScore - cui sono arrivato tramite la newsletter di Seth Godin che citava a sua volta quest'articolo di MediaPost - svela che dal 32% dei cliccatori di advertising sul totale di navigatori (luglio 2007) si è crollati a marzo 2009 al 16% del totale.
Altre cifre molto interessanti sulle pagine di Starcom Mediavest tra cui la divisione tra:
  • 4% of Internet users are Heavy clickers
  • 4% of users are Moderate clickers
  • 8% are Light clickers

Da leggere, absolutely.

lunedì 2 novembre 2009

Aspettando Stoccolma... dove se mangi stai colma

In attesa di incontrare dal vivo i nostri colleghi al Forum PR di Stoccolma e in quella sorta di anteprima che avremo prima dell'Oscar di Bilancio a Milano il 30 novembre sto spulciando nel sito di Sveriges Informationsförening (l'associazione svedese sorella di Ferpi) per trovare spunti vari di confronto.
L'associazione ha alcuni video interessanti sul proprio canale YouTube.
Tra questi un'intervista al Prof. Hammerfors che parla del ruolo del comunicatore nella leadership: The professional communicator´s role in leadership.

domenica 1 novembre 2009

Fabio Ventoruzzo. Futuro PRossimo Vent(u)ro

50 volti della Comunicazione
50 autoritratti contemporanei


“Non pensiate che per fare questo lavoro basti agitare le vostre tettine”. E ancora: “PR non vuol dire Puttane e Ruffiani”.
Sono stati anche queste due graffianti visioni sulle relazioni pubbliche che mi hanno fatto ridere e amare questa professione (grazie Vlado!). Era il 2000. Avevo appena traslocato da una facoltà di Economia (bella… ma col senno di poi!) ad un neonato corso di laurea in relazioni pubbliche (chi era costui?) a Gorizia. Una scelto un po’ casuale e di comodità, nonché frutto di giovanili amori. Una scommessa che nel tempo si è trasformata in missione prima (diventare un professionista) e vera e propria passione poi (fino a farne indigestione, amandola e odiandola assieme, ma mai rinnegandola).
Lavoro da 5 anni. Un lustro passato tra Roma e Milano. Prima e ora come consulente di management. Lobbista nel mezzo. Ho avuto la fortuna di lavorare con professionisti di livello (due su tutti perché devo a loro la mia forma mentis: Toni Muzi Falconi e Fabio Bistoncini).

Giro la boa di questi primi 5 anni portandomi dietro un’esperienza nei processi di analisi e coinvolgimento degli stakeholder. Un lustro, quindi, speso in cabina di regia e troppo poco in trincea, potrei dire (se non suona presuntuoso), che mi hanno permesso di imparare a interpretare e analizzare gli scenari e le dinamiche che influenzano l’agire organizzativo (l’issue management per alcuni, anche se un po’ spurio). Il tutto in un contesto, quello della comunicazione e delle relazioni pubbliche, che è vivo e ricco di stimoli che impongono a tutti di ripensare ogni giorno il proprio modo di operare.

Cinque anni che mi vedono sempre (meno) giovane professionista ma con un piccolo sogno nel cassetto: invecchiare con la stessa passione, per trasmettere ai giovani (come a suo tempo fatto su di me) quell’entusiasmo per imparare ad amare il nostro tanto bistrattato e mai troppo facile, per fortuna, lavoro.
Contatti
skype: fa.ven

Marco Bardus. Il (longo) Bardo


50 volti della Comunicazione
50 autoritratti contemporanei

Sono Marco e sono anche Bardus. Il mio destino è scritto nel mio nome: sono un (longo)bardo friulano, un narratore, un cronista (giornalista pubblicista dal 2005), relatore pubblico, nonché ricercatore e dottorando in scienze della comunicazione. Appassionato di storia e archeologo amatore, mi è sempre piaciuto "scavare" nella realtà delle cose in senso metaforico e letterale. Poiché "fatti non fummo a vivere come bruti", volli seguir la strada della virtute e canoscenza. Questo è il filo conduttore di tutta la mia storia professionale.

Mi imbattei nelle relazioni pubbliche quasi dieci anni fa, quando, attratto dal carattere eclettico e interdisciplinare del piano di studi, mi iscrissi al nuovo e sfavillante corso di laurea in Relazioni pubbliche dell'Università di Udine a Gorizia. Negli anni da studente provai a fare un po' di tutto, tirocinando qua e là: dall'addetto stampa al giornalista, dal grafico impaginatore al presentatore, dall'organizzatore di eventi alla gestione di un portale per studenti assieme ad alcuni miei fantastici compagni e amici. Feci cose, conobbi persone, insomma. Scoprii la Ferpi, lavorai per Uniferpi e mi imbattei in altre realtà associative internazionali, e compresi l'importanza delle associazioni per la crescita culturale e personale.

Dopo aver conseguito la laurea breve, il buon Leonardo da Vinci (il progetto europeo di mobilità lavorativa) mi condusse nella lontana Finlandia, dove conobbi il mondo della ricerca. Ispirato dalla folgorante esperienza nordica, una volta di ritorno in patria, decisi di studiare a fondo il valore delle emozioni e delle relazioni verso i brand e i Lovemark. La mia "quest" culminò in una tesi sperimentale, sotto la guida di Renata Kodilja. Il lavoro di tesi mi fece definitivamente comprendere che il mio percorso sarebbe continuato nel mondo accademico.

Desideroso di novità di immergermi nella ricerca applicata in comunicazione, e spinto dall'interesse verso le dinamiche interpersonali e l'influenza sociale, decisi di lasciare (momentaneamente) il mondo della comunicazione organizzativa per esplorare nuovi territori. Scoprii così la realtà dell'Università della Svizzera Italiana di Lugano, dove trovai un lavoro come assistente alla ricerca e dottorando all’Istituto di comunicazione sanitaria.

Oggi seguo progetti orientati alla promozione dell'attività fisica per mezzo delle nuove tecnologie e dei nuovi media. I miei studi si muovono nell'ambito della psicologia cognitiva e comportamentale, ma cerco di integrare le competenze acquisite e l'approccio pragmatico e teorico delle relazioni pubbliche (foto by Vincenzo Calco).

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