domenica 27 aprile 2014

Humanities vs. Scienze della Comunicazione

Oggi ho letto una bella riflessione di Gabriele Pedullà sul Domenicale del Sole, "Riappropriamoci dei saperi. I nemici delle discipline umanistiche non sono la fisica o la matematica ma gli pseudosaperi della «comunicazione». Torniamo ai contenuti"
Mi è piaciuto molto, nonostante la dichiarata ostilità agli pseudosaperi della comunicazione (più interessati al packaging che al contenuto... comunicatore di un sapere che non possiede e che nessuno si preoccupa di trasmettergli; come afferma l'autore) perché mi pare che colga diversi punti importanti:
- l'importanza degli studi umanistici e dell'educazione liberale nel mondo contemporaneo (in particolare per un paese come l'Italia che potrebbe sfruttarla come risorsa culturale e economica);
- il valore del liceo classico e della formazione umanistica italiana;
- infine i due caratteri distintivi della formazione umanistica, percezione della distanza e sensibilità linguistica, come strumenti per confrontarsi con le generazioni che furono e concepirsi come anello di questa catena di generazioni. 
Chi è Gabriele Pedullà? Leggi qua. 

mercoledì 23 aprile 2014

Contro la Comunicazione. La parola a...

Sto preparando una conferenza che ho intitolato "Contro la comunicazione" e che non sarà una tradizionale conferenza, ma una sorta di recital multimedia con la forma del processo in tribunale: un processo durante il quale verranno presentate alcune accuse, o meglio luoghi comuni, contro la comunicazione d'impresa e le relazioni pubbliche, che alla fine verranno giudicati dal pubblico in sala...

Sto "chiamando a testimoniare" alcuni stimati colleghi, chiedendo loro di intervenire con un breve video di un paio di minuti sulla specialità di cui sono esperti e sulla accusa/luogo comune che quella specialità si trova a affrontare. 
Le accuse sono ovviamente molteplici: i lobbisti accusati di corruzione, i pierre di manipolazione, i consulenti di marketing politico di spin, ecc. ecc.

In generale la conferenza ripercorrerà velocemente una storia delle RP, fino ad arrivare alle recenti prese di coscienza della necessità di portare la professione verso una stagione di maggiore trasparenza e accountability: da Bernays ai giorni nostri.

venerdì 4 aprile 2014

O tempora o me(r)dia. I giornalisti e i media italiani non sono troppo politico-centrici?

Sono sempre più a disagio nell’ascoltare talk show mattutini in Radio (anche seri) o nel guardare le poche trasmissioni TV serali che ritenevo di qualità. Sono a disagio perché ormai, a parte i media e le pagine del mio settore, leggo solamente il NYT, qualche pagina da il Corriere, Dagospia e le cronache locali. Sono a disagio perché mi pare che il 100% del focus dei giornalisti italiani sia sulla “POLITICA” e sui “POLITICI”.

Qualsiasi accadimento viene fatto commentare ad un qualche rappresentante di partito che il più delle volte non sa nemmeno di cosa si sta parlando. Si parla di economia e sappiamo benissimo che il 95% dei giornalisti e dei politici non sa nemmeno come si siano trasformati i mercati, cosa siano le imprese, cosa significhi produrre/investire/competere/innovare; si parla di prostituzione giovanile e gli interlocutori (ieri mattina radio 24 da Milan) sono due politici e una giornalista, ma perché? E poi invece di commentare sull’eventuale legislazione da rinforzare se c’è un nuovo fenomeno di prostituzione minorile, si permettono di commentare l’eventuale patteggiamento o la pena che andrebbe comminata per “dare un messaggio”.
Disagio socio-economico del nordest, questa mattina sempre a Radio 24, e non c’è un economista, un sociologo, un imprenditore.
Dalla, a volte pur brava, Gruber sempre e solo teatrini tra fazioni politiche contrapposte e giornalisti che di mestiere fanno solo gli opinionisti; per non parlare di tutta la prima serata di LA7. Nessun approfondimento, nessuna capacità di volare a bassa quota (scendendo nel particolare) né ad alta quota (parlando di fenomeni di più ampio respiro).
Abbiamo avuto la crisi in Crimea e un rilevante avvenimento nella geopolitica, destinato a cambiare il nostro futuro, ormai a che pagina troviamo nei giornali questo argomento? In questi giorni si sta rivedendo il codice deontologico dei medici: ha una qualche rilevanza??? Non è un grido di disperazione sulla mediocrità del panorama mediatico, un “O Tempora o Mores” postmoderno. E’ un disagio e chiedo ai colleghi: anche voi lo condividete?

E’ il disagio di vedere questa sovrastruttura politico-mediatica (che in realtà non vedo così ingombrante in altri paesi, ma forse mi sbaglio…) che riduce il tutto alla ricerca del consenso e alla perdita di Senso, ricordando alcune belle parole di Mario Rodriguez che l’altro giorno ha presentato il suo libro, ConSenso, a Bologna.
Una sovrastruttura che ci costringe a rincorrere le presenze di politici e giornalisti, che insieme non capiscono (e non credo capiti solo a me) cosa sia un piano industriale, la valorizzazione dei talenti, la ricerca e sviluppo, ecc. ma riempiono di vuoti slogan pagine e pagine di bla bla bla… e qui mi chiedo se a volte non ne siamo complici?

Nuovo blog

Dal 2 gennaio pubblico i miei post su  https://pranista.blog/