martedì 24 agosto 2010

PR per una gang di bikers

Sto per finire il libro di Patricia Parsons - su Google libri: Ethics in Public Relations - e l'ho trovato molto utile per stimolarmi varie riflessioni che vorrei approfondire appena lo finisco. Sono tantissime le tesi con cui mi trovo in disaccordo, ma a maggior ragione il libro mi stimola a leggerlo, rileggerlo e rifletterlo.

Però adesso sono sul capitolo intitolato PR per una gang di bikers e ho un'impellente urgenza da soddisfare:
l'autrice sostiene che si possa far PR, in maniera etica e corretta, solamente per committenti e/o progetti di cui si condividono i valori e le idee. La Parsons contesta l'analogia tra relatore pubblico e avvocato: cioè il fatto che il PR possa farsi portavoce delle istanze di chiunque.

In una recente discussione con una collega, pure lei sosteneva il punto di vista della Parsons, declinato ad esempio in politica: se non condivido un'idea di un partito/politico, non posso gestire la sua comunicazione e le relazioni pubbliche ad esso connesse. Io sinceramente non sono d'accordo.
Credo che la nostra professione e chi ci si riconosce (seguendo i codici etici e un'attitudine condivisa dalle associazioni professionali) abbia un livello base di valori comuni che sono in gran parte quelli della società liberale-democratica contemporanea (tolleranza, rispetto per gli altri, democrazia, uguaglianza, ecc.). Che vanno rispettati a priori.
A partire da quel livello credo che il nostro intervento debba essere più tecnico che ideologico, altrimenti intravedo diversi rischi:
  • che la professione venga esercitata in determinati contesti (partiti, gruppi sociali, non-profit) più per crediti ideologici che per merito e competenza, svilendone la funzione;
  • che l'ideologia accechi e non permetta di svolgere il ruolo di mediatori che i relatori pubblici hanno;
  • che venga così rimosso il concetto stesso di ascolto degli stakeholder per una mera funzione di comunicazione a una via: non siamo forse i rappresentanto degli stakeholder nell'organizzazione?
Tre punti (non per niente in contrasto con gli Stockholm Accords) che mi sembra bastino già a dimostrare come il relatore pubblico non debba essere ideologizzato... altrimenti si trasforma in mero propagandista.
Che dite?
Tra l'altro una delle obiezioni della Parsons è che non siamo come gli avvocati perché gli avvocati si basano su un sistema, quello giuridico, frutto di secoli di sviluppo. Nella differenza tra sistema mediatico (o dell'opinione pubblica o della reputazione pubblica) e sistema giuridico, sarà perché sono figlio di scienze-dell-acomunicazione e di altre deviazioni mcluhaniane, vedo una mera differenza tecnologica e di temi: il sistema mediatico ha visto un'accelerazione incredibile negli ultimi anni, ma ciò non significa che non si configuri come un'arena in cui tutti hanno diritto a vedere difesa o consolidata la propria reputazione.
 Oso troppo?

lunedì 23 agosto 2010

New rules for sexy subject lines - iMediaConnection.com

Check out these examples of brands nailing their subject lines -- and others that need some work. We can learn from both.

La Generazione Z: da coinvolgere, non da convincere

Su I-Media Connection
What you need to know about Generation Z
By Angela Cross-Bystrom
Marketers should be engaging with Generation Z in ways that are not only authentic and meaningful, but also highly downloadable and socially uploadable. Here's why.

mercoledì 18 agosto 2010

Un “hub” online per i relatori pubblici

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A poche settimane dalla conclusione del 6° WPRF, che si è tenuto a Stoccolma il 15 e 16 giugno, la Global Alliance promuove uno spazio online dove discutere e confrontarsi sugli Stockholm Accords.

16/08/2010, Notizie Ferpi, Commenti
Dall’11 agosto è online un nuovo spazio digitale per sostenere il dibattito sugli Accordi di Stoccolma, il documento finale prodotto dal Word Pr Forum di Stoccolma che rappresenta un brief sul futuro delle Relazioni Pubbliche. Secondo la Global Alliance, e uno dei suoi più autorevoli animatori, Toni Muzi Falconi, che ha voluto fortemente questo progetto, il sito www.stockholmaccords.orgStockholm Accords. aperto dalla Global Alliance si configura come un vero e proprio Hub. Si, proprio un hub, come quelli delle reti informatiche, come gli aeroporti, come i luoghi di incontro e di scambio: uno spazio, dunque, dove incontrarsi, innanzitutto, conoscersi, ma soprattutto confrontarsi sui contenuti del documento che sta tenendo banco in queste settimane tra i professionisti delle relazioni pubbliche di tutto il mondo: gli

domenica 8 agosto 2010

Engagement [sole] 24 ore su 24

Ho visto solo oggi sull'edizione cartacea l'iniziativa del Sole 24 Ore per costruire una community di lettori attivi:
Diventa un membro del sito Opinioni del Gruppo 24 ORE.
Puoi esprimere la tua opinione partecipando a regolari ricerche su prodotti e servizi de Il Sole 24 ORE. Le tue idee e le tue valutazioni sono per noi molto importanti perchè ci possono aiutare sempre di più nel migliorare i nostri servizi e prodotti. Partecipando puoi essere inoltre informato sulle principali novità del gruppo e prendere parte all'estrazione di favolosi premi.

lunedì 2 agosto 2010

Toni Muzi Falconi, Giancarlo Panico e Sissi Peloso su Pomigliano e le relazioni industriali

L'ultimo paragrafo (molto significativo) di un interessante pezzo di Toni Muzi Falconi & Giancarlo Panico sul caso Pomigliano e sul ruolo delle relazioni pubbliche nelle relazioni industriali/sindacali

La vicenda Pomigliano si produce all’epicentro di quella che è una fase rilevante di discontinuità prolungata del modello sociale ed economico del nostro Paese. Una fase le cui implicazioni, di cui la gran parte del nostro ceto dirigente (non solo politici, ma anche media, industriali, sindacati e osservatori) si ostina a non prendere atto. L’Europa (e l’Italia con le sue specificità territoriali e culturali) è in declino progressivo e il suo modello economico insostenibile. Attaccati ai rispettivi privilegi nessuno dei soggetti intende prendere atto che occorre riparametrare verso il basso le aspettative di tutti: e questo dovrebbe essere il compito di una classe dirigente degna di questo nome. E così le relazioni pubbliche servono alle imprese, al governo, ai sindacati per guadagnare qualche giorno, settimana, mese in più nella speranza che quando la realtà avrà di fatto sostituito le aspettative (è già avvenuto?) le persone si adeguano senza colpevolizzare una classe dirigente che non c’è e avrà fatto di tutto per non compiere il proprio dovere. Da questa prospettiva le relazioni pubbliche vengono utilizzate al loro peggio: illudere le persone che la ripresa c’è, che l’industria tiene, che gli altri vanno peggio e che il sindacato è la parte più retriva e conservatrice del Paese. Tutte cose in parte vere ma che, come spesso accade, non sono in grado di offrire una interpretazione credibile degli avvenimenti….
Il commento di Sissi Peloso, past president Ferpi, e illustre collega che l'altro giorno sollecitava su Facebook alcune riflessioni sul tema Pomigliano-Fiat-relazioni industriali. Ecco il suo commento all'articolo uscito di cui sopra:

Credo non sia possibile ora, per nessun relatore, non porsi domande che impattano pesantemente sull’attività quotidiana. Ho letto il pezzo di giancarlo e toni subito dopo quello di gallino su repubblica.
ho una grande confusione, ma credo che il tutto impatti pesantemente con la responsabilità sociale di ciascuno di noi.
La mia esperienza di quest’ultimo anno e mezzo, come quella di molti di noi credo, ha “epifanizzato” le carenze drammatiche di manager e imprenditori, esplose in tutta la loro virulenza a causa della crisi. A pagare sono i cassintegrati e i licenziati ai quali si offre l’alternativa di contratti che diminuiscono pesantemente i compensi (vedi chrysler per prima, che così torna in utile), annullano i diritti di sciopero, abbassano quelli di malattia (la maternità non ancora, ma arriverà a ruota).
Siamo certi, come chiede gallino, che questa sia l’unica soluzione? E soprattutto che sia la soluzione vincente? E’ vero, il mercato del lavoro deve cambiare se vuole continuare a sopravvivere, ma forse una ridistribuzione più equa del “un po' meno a tutti” eviterebbe tensioni sociali che oggi mi paiono una polveriera pronta ad esplodere. E i relatori in tutto ciò? Possono/devono essere davvero i mediatori delle relazioni tra le parti?
Abbiamo spinto i committenti a credere nella responsabilità sociale, ad inserirla nei loro bilanci con grande enfasi del capitolo “risorse umane” e ora come lo gestiremo? Appoggeremo passivamente le scelte che, come un domino, sono destinate ad essere sposate nel dopo newco fiat oppure rifiuteremo gli incarichi oppure cercheremo di farci parte attiva per una riflessione condivisa sulle conseguenze che una gestione “all’italiana” del problema comporterà?

Nuovo blog

Dal 2 gennaio pubblico i miei post su  https://pranista.blog/