giovedì 23 luglio 2009

Worst Case Histories (part 1)

L'altro giorno, in qualità di vice-president (presidente del vizio) del golf club di cui faccio parte, ho ricevuto una coppia di giovani account di un'azienda della filiera orologiera che erano interessati a promuovere i propri prodotti.
Premessa: il loro prodotto è di alta gamma, ma trattasi di subfornitura (quindi un'azienda contoterzista di alta/altissima qualità).
Prima dell'incontro quindi non capivo bene l'obiettivo: difficilmente un subfornitore si promuove sul cliente finale, a meno che non si parli di marchi di altissima visibilità (cfr. Brembo, Magneti Marelli). E il marchio non è decisamente di altissima notorietà.
Comunque facciamo l'incontro e mi presentano un nuovo marchio di livello pop/mediobasso di cui sono distributori per conto di un loro cliente sull'altra linea di prodotto (quella di altissima). gamma).
Un movimento strano: dall'alto di gamma della subfornitura al basso di gamma sul prodotto finito, in un mercato saturo come quello degli orologi. I due giovani si son dichiarati artefici di questa idea... può funzionare? Non credo ahimé per loro. E' uno spostamento del posizionamento del marchio tra i peggiori che io possa immaginare. Considerando settore, mercato, momento, ecc. Una prima worst case history.
ora il mio problema è: da relatore pubblico e allo stesso vicepresident del golfclub che devo fare? Avvertirli dell'errore? Prendere la sponsorizzazione?
La deontologia del PR qui viene in aiuto: sarebbe un errore prendere una loro sponsorship sapendo che non può funzionare sul lungo periodo (in particolare sul mio target) perché tradirei il cliente e i suoi potenziali stakeholder, offrendo un messaggio sbagliato. Quindi, ahimé, sarà NO.

2 commenti:

  1. E perchè non trasformare l'errore in una scelta vincente con una politica aggressiva da parte tua? In fondo al mondo c'è chi è riuscito a vendere fumo (oppure oscene magliette con stampata una margherita stilizzata)...

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  2. Chi tra noi guarda al lungo periodo DEVE tener presente che ciò che conta sono la reputazione e i risultati del suo cliente...
    In questo caso c'è un prodotto che rischia di penalizzare il valore del brand principale (anche se un brand della subfornitura) e un prodotto medio che si vuol posizionare su un mercato iperaffollato.

    Peraltro Guru, con una precisa visione del suo ideatore, vendeva non tanto una t-shirt, ma il mondo rievocato dai suoi testimonial (un ASSET che il buon cambi sfruttava aggratis) - anche se alla lunga non pare abbia funzionato.
    A parte che in questo caso quei testimonial (eccetto un tal golfista di Cento) non ci sono, non credo varrebbe la pena di provare ma prendere atto che non ci inventa ideatori di mode senza alla base un PLUS.

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