domenica 16 marzo 2008

Spingendo la notte più in là, Mario Calabresi

Ho finito ieri sera Spingendo la notte più in là di Mario Calabresi, la storia della sua famiglia e di altre vittime del terrorismo.

L'autore, figlio del Commissario Calabresi, è stato caporedattore di Repubblica ed ora è corrispondente da New York; sulla proposta di diventare vicedirettore di Repu: «I vicedirettori fanno filosofia, non ho intenzione di stare a pontificare per 30 anni».

Il libro si legge davvero d'un fiato e credo che si apprezzi per l'incredibile capacità di trattare un argomento così doloroso senza livore, senza scadere nelle polemiche, con una dignità e un'eleganza davvero rare alle nostre latitudini.
E' anche la storia di una madre eccezionale, in grado di tirar su tre figli in condizioni psicologiche e in grado di dire a Mario indeciso se accettare di scrivere per Repubblica (il quotidiano dove scriveva Sofri - Lotta Continua): "Mario, non permettere che altri decidano ancora il tuo destino, lo hanno già fatto quando eri bambino. Questa volta decidi tu."
E' poi soprattutto la storia delle vittime del terrorismo ed oggi il 16 marzo 2008 è il trentennale della strage di via Fani e del rapimento di Moro. E' un libro sul "Fine pena mai" che i familiari delle vittime del terrorismo subiscono quotidianamente.
E' un libro sui pregiudizi - che purtroppo anche il sottoscritto aveva - nei confronti di una vicenda letta su giornali/libri/spazi di disinformazione di parte.
Soprattutto per chi non ha vissuto quegli anni, ma in tempi più recenti ha vissuto gli omicidi D'Antona e Biagi e le assurde giustificazioni dell'ennesimo delirio terrorista.
E' pranisticamente un libro sull'importanza della comunicazione, dell'uso parole, degli slogan, della violenza verbale, della memoria e del rispetto degli altri. Purtroppo è anche un libro che ci insegna quanto possa essere più efficace nella comunicazione una campagna violenta di menzogne, rispetto alla verità e all'evidenza dei fatti.

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